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Persone indigenti, ammalati, persone con minori o disabili a carico… Esistono delle categorie di soggetti che non possono essere sfrattate da un immobile?
Benché si possa credere o avere sentito dire diversamente, la risposta è semplicemente “no proprio”. Non esiste nessuna condizione o specifica che possa impedire lo sfratto di un inquilino moroso.
Affitto: chi viene ritenuto moroso
Con moroso si intende un soggetto che ha accumulato un ritardo di almeno 20 giorni sui termini di pagamento dell’affitto.
Un soggetto è ritenuto moroso anche quando non corrisponde gli oneri accessori, come ad esempio le spese condominiali o di ordinaria amministrazione a suo carico.
Anche in caso di non pagamento delle spese condominiali, si può avviare una procedura di sfratto.
Per poter procedere in tal senso, occorre che il debito accumulato sia pari a minimo due mesi e il ritardo sia di più di 60 giorni dalla richiesta di pagamento del proprietario.
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Interrompere una procedura di sfratto
L’unico modo per poter continuare a risiedere in un immobile e non essere sfrattati è quello di corrispondere il canone di locazione al proprietario. L’inquilino moroso può fermare la procedura di sfratto semplicemente versando quanto dovuto.
Il versamento e il relativo blocco della procedura possono avvenire anche dopo la notifica dell’atto giudiziario e persino davanti al giudice, durante l’udienza stessa.
Non solo: in aula l’inquilino può anche richiedere un rinvio di 90 giorni per versare il dovuto. Questa scelta non è però indolore: l’inquilino dovrà a questo punto pagare sia l’affitto sia le spese legali sostenute dal proprietario di casa.
Una volta che l’inquilino smette di essere moroso, la procedura di sfratto viene definitivamente bloccata e il proprietario non potrà chiudere il rapporto con il conduttore, poco importa se non nutre più fiducia nell’inquilino e teme per il pagamento delle future mensilità.
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I tempi dello sfratto
Se è una certezza il fatto che non vi siano soggetti protetti e al riparo da un possibile sfratto, meno sicuri sono invece i tempi attraverso i quali il proprietario di casa riuscirà a recuperare l’ammontare del canone non corrisposto dall’inquilino o a procedere con lo sfratto.
Tendenzialmente, il locatore invia una diffida tramite avvocato, alla quale può seguire una trattativa per ridurre il canone di locazione o per ottenere una proroga per saldare l’arretrato.
Se i soggetti non riescono a trovare un accordo, l’avvocato del locatore redige l’atto processuale e lo notifica al conduttore. Ha così inizio la procedura civile, che prevede un’udienza in tribunale non prima di un mese.
All’udienza, il conduttore può chiedere la concessione del termine di grazia, ossia un rinvio di almeno 90 giorni per pagare. Durante questa fase, la casa rimane a sua disposizione. Trascorsi i termini, se l’inquilino non provvede al pagamento, il giudice convalida lo sfratto.
A questo punto, all’inquilino vengono concesse tre settimane di tempo per lasciare l’immobile. Se l’inquilino non lascia la casa, per due volte può intervenire l’ufficiale giudiziario, sollecitando l’abbandono dell’immobile.
A partire dalla terza volta, l’ufficiale giudiziario sarà accompagnato dalla forza pubblica e da un fabbro per aprire con la forza la porta di casa. I tempi non sono celeri e per eseguire l’intera procedura possono tendenzialmente occorrere da alcuni mesi sino a un anno.