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Quanto costava un terreno nel 2021? Il prezzo della terra ha ripreso a crescere del +30%, spinto da un aumento dell’attività di compravendita, nonostante il valore reale del patrimonio fondiario continui a diminuire (-12% rispetto al 2010).
Questo accade anche per effetto dell’aumento del tasso di inflazione (costo della vita) che nel 2022 si avvicinerà in Italia al record degli ultimi 30 anni (+9% circa).
Questa è la fotografia che emerge dalle indagini a cura dei ricercatori delle sedi regionali del CREA Politiche e Bioeconomia con il supporto del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali e dei dati pubblicati da altre fonti ufficiali.
Aumenta la produzione bio
Nello stesso anno si è registrato anche un incremento delle produzioni biologiche. Entro il 2030 le colture bio copriranno oltre 32 milioni di ettari di territorio fondiario italiano.
Il prezzo dei terreni agricoli nel 2021
Nel 2021 il prezzo dei terreni agricoli ha registrato un aumento del 1,1% a livello nazionale, rispetto al 2020. Il costo di un terreno del Nord Ovest, del Nord Est e dalle zone di pianura, supera di molto il prezzo medio nazionale che sfiora i 21.000 euro a ettaro.
Dedicarsi all’agricoltura nel Nord Est costa 42.300 euro a ettaro. Un terreno al Nord Ovest vale 29.100 euro a ettaro. Nel resto d’Italia siamo a 15.000 euro.
Non a caso in quello stesso anno è aumentato anche il credito per l’acquisto di immobili in agricoltura.
Dopo la battuta di arresto del 2020 (-42%), ha recuperato solo parzialmente nel 2021 tale riduzione, mettendo a segno un incremento del 14%, malgrado la forte crescita dell’attività di compravendita.
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L’agricoltura è in crisi e la PAC non basta
L’Italia attende segnali dall’Europa, in attesa della riforma in atto della PAC (Politica agricola comune 2023-2027).
Nel 2022 si registrerà il più alto dato degli aumenti dei costi di produzione, già in atto dal 2021, come dimostrano questi dati del CREA sul mercato fondiario.
I produttori agricoli preferiscono affittare un terreno
Ad esclusione delle zone in cui l’agricoltura è poco remunerativa, continua a prevalere la domanda nel mercato degli affitti, trainata soprattutto nelle aree di pianura, terreni seminativi irrigui e adatti a colture di pregio.
Canoni che restano stabili, bloccati dalla pandemia. Lo confermano anche i dati del Censimento 2020 dell’Istat, secondo i quali la superficie agricola in affitto è ulteriormente aumentata rispetto al precedente censimento (+27% rispetto al 2010), con il 50% della SAU nazionale coltivato con contratti di affitto (5 milioni di ettari) e di comodato gratuito (1,2 milioni ettari).
Il quadro che emergerà nel 2023 (rispetto al 2022) sarà ancora più incerto, a causa degli aumenti dei costi di produzione, delle materie prime e dell’energia.