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Mutui, Prestiti e Assicurazioni 13 marzo 2025

Agevolazioni prima casa: via libera dalla Cassazione anche per i ruderi


La Cassazione riconosce il diritto all'agevolazione "prima casa" anche per chi acquista un immobile da ristrutturare completamente. Cosa sapere.
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Ivan Meo

Articolista giuridico, collaboratore esterno di Immobiliare.it

Acquistare un immobile in rovina non garantiva automaticamente il diritto alle agevolazioni “prima casa”, ma oggi la situazione cambia. Grazie a un recente intervento la Corte di Cassazione ha stabilito, con ordinanza (n. 3913 del 16 febbraio 2025), che anche i fabbricati collabenti, cioè quelli classificati al catasto come categoria F/2, possono beneficiare dell’agevolazione prima casa, a condizione che il compratore abbia intenzione di ristrutturarli per farne la propria abitazione principale. 

Ciò che conta, secondo i giudici, è la destinazione dell’immobile e l’intenzione dell’acquirente di ristrutturarlo per farne la propria abitazione principale, anche se tale utilizzo non è immediatamente attuabile. Analizziamo nel dettaglio la decisione.

Il rudere resta pur sempre un “fabbricato” 

Secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione anche un fabbricato collabente, cioè un immobile iscritto in categoria catastale F/2, può beneficiare delle agevolazioni prima casa, a condizione che sia effettivamente destinato a uso abitativo. 

I giudici di legittimità hanno chiarito che “l’agevolazione prima casa non richiede che l’immobile sia già abitabile o destinato a un uso immediatamente produttivo al momento dell’acquisto”. Questo significa che: non è l’attuale stato materiale dell’immobile a fare la differenza, ma l’uso che l’acquirente intende farne nel prossimo futuro

La differenza tra rudere e terreno edificabile 

Un passaggio particolarmente importante della sentenza riguarda la natura giuridica dei fabbricati collabenti, che la Corte distingue con decisione dai terreni o dalle aree edificabili. 

I giudici affermano testualmente che “la categoria catastale F/2 include immobili in condizione di degrado che non possono essere equiparati a semplici aree edificabili, trattandosi comunque di unità immobiliari esistenti, seppur prive di autonoma funzionalità e di rendita”

La Corte sottolinea che finché un edificio, anche se ridotto a rudere, non viene demolito e cancellato dal Catasto, mantiene la sua natura di fabbricato. Questo orientamento si traduce in una concreta apertura verso tutte quelle situazioni in cui il contribuente, pur acquistando un immobile in condizioni precarie, si impegna a riqualificarlo per uso abitativo. 


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La destinazione abitativa come criterio guida per il fisco 

Ma vi è un altro punto che è opportuno sottolineare: l’agevolazione non è la condizione dell’immobile all’atto dell’acquisto, ma la volontà effettiva dell’acquirente di renderlo la propria abitazione principale. Si legge infatti che “l’agevolazione compete anche per immobili in corso di costruzione o da ristrutturare, purché sussista la destinazione a uso abitativo”. 

I giudici, con questa interpretazione, sembrano voler premiare la scelta di chi investe nel recupero del patrimonio edilizio esistente, anche in stato di degrado, contribuendo così alla riqualificazione del tessuto urbano e rurale. Naturalmente, resta in capo al contribuente l’onere di dimostrare concretamente la destinazione abitativa del bene, attraverso documenti, progetti e il rispetto dei termini di legge per il cambio di residenza. 

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