Avvocato e Giornalista
L’art. 1129 del codice civile prevede l’obbligo dell’amministratore di far versare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.
L’obiettivo di questa norma è quello di garantire una maggiore trasparenza dei conti condominiali. Viene infatti tutelato il diritto di ciascun condomino a verificare la destinazione dei propri soldi, l’effettiva e concreta destinazione delle somme pagate.
Inoltre, l’apertura di un conto corrente condominiale rappresenta una garanzia anche per l’amministratore, che, in tal modo, può gestire le somme depositate in totale trasparenza ed evitare di ingenerare nei condomini dubbi sulla corretta utilizzazione del denaro.
L’obbligo di apertura del conto corrente condominiale ha carattere imperativo. Questo misura riguarda nello specifico la persona dell’amministratore; grava cioè sull’amministratore e non sui condomini. Dunque, l’obbligo scatta automaticamente al momento della nomina dell’amministratore, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea. Assemblea che, peraltro, non può esentare l’amministratore dall’obbligo di aprire il conto condominiale.
L’obbligo di aprire il conto corrente, inoltre, non è in alcun modo legato al numero dei condomini, e va rispettato ogni volta che vi sia stata la nomina di un amministratore. Se c’è un amministratore regolarmente nominato, scatta sempre (e solo nei suoi confronti) l’obbligo di aprire il conto corrente comune.
Pertanto, se la nomina dell’amministratore è solo facoltativa (come nei piccoli condomini fino a otto partecipanti) l’obbligo di aprire il conto corrente scatterà solo se l’assemblea nomina un amministratore. In caso contrario, invece, non ci sarà alcun obbligo di apertura del conto corrente. In questo caso, l’assemblea è libera di individuare altri strumenti di gestione condominiale.
La mancata apertura del conto corrente condominiale potrebbe quindi costituire un elemento di grave irregolarità che può giustificare la revoca del mandato all’amministratore.
Lo stesso art. 1129 del codice civile specifica che ciascun condomino, attraverso l’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
Tuttavia, il condomino non può rivolgersi direttamente alla banca per ottenere l’estratto conto. Come specificato poco fa, dovrà invece presentare apposita richiesta al proprio amministratore, che provvederà poi a richiedere la relativa documentazione alla banca/posta.
Le motivazioni di questa norma rimandano alle ragioni sopra accennate (è l’amministratore, e non il singolo condomino, ad attivare il conto corrente), ma anche alla necessità di conciliare trasparenza e tutela della privacy. Non da ultimo, occorre considerare poi le difficoltà pratiche legate, tra l’altro, alla necessità della banca di accertare se la persona che chiede di accedere al conto rivesta effettivamente la qualità di condomino e sia, dunque, legittimato ad avanzare tale richiesta.
L’esercizio del diritto di accesso al conto corrente condominiale richiede dunque la “collaborazione” dell’amministratore. Che cosa succede allora se l’amministratore rifiuta l’accesso senza valido motivo?
In questi casi, il singolo condomino potrà rivolgersi al giudice competente (eventualmente previa formale diffida ad adempiere) chiedendo la condanna dell’amministratore ad adempiere, oltre all’eventuale risarcimento dei danni, se ne sussistono i presupposti.
Sembra ammissibile anche l’azione cautelare urgente ex art. 700 c.p.c., in presenza dei presupposti, sulla falsa riga di quanto già ammesso in caso di mancata consegna della documentazione condominiale. Inoltre, il comportamento inadempiente dell’amministratore ben potrebbe configurare un’ipotesi di grave irregolarità idonea a giustificare la revoca dell’incarico, in quanto contraria ai generali obblighi di diligenza del mandatario.