Avvocato
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5909 del 10.09.2021, ha stabilito che se una cantina diventa appartamento, il condominio non può negare ai proprietari dell’unità immobiliare modificata la possibilità di collegarla agli impianti comuni come la fogna e il citofono, né di utilizzare il muro di proprietà condominiale per l’apposizione di una cassetta postale.
Ciò, naturalmente, sempre che il nuovo collegamento non determini un peggioramento nel funzionamento degli impianti già esistenti.
Accolto, dunque, sul punto, l’appello proposto dai proprietari dei depositi trasformati in abitazioni, contro la sentenza n. 19593/13 del Tribunale di Roma che, in primo grado, aveva respinto le istanze delle parti attrici, proposte nell’impugnazione della relativa delibera.
In particolare, osserva la Corte, la contestata delibera assembleare, contenente il divieto di allaccio ai servizi evidenziati, oltre che quello di utilizzo del muro perimetrale del fabbricato per l’installazione di una cassetta destinata a ricevere la corrispondenza, contrasta decisamente con il principio del pari uso della cosa comune, sancito, in favore di tutti i comproprietari, dall’art. 1102 c.c.
Ad avviso del giudice dell’impugnazione, infatti, vietare collegamento alla rete idrica condominiale di scarico delle acque reflue e quello all’impianto generale dei citofoni, così come non consentire l’utilizzo delle mura esterne per la cassetta postale privata, rappresenta una condotta illegittima.
Nello specifico, il condominio non può dimostrare che le condotte vietate abbiano ridotto le utilità economiche ricavabili, neanche sotto il profilo estetico, o limitato in alcun modo l’eguale diritto degli altri partecipanti al condominio di godere, nello stesso modo, delle proprietà comuni interessate dagli interventi in oggetto.
Essenziale, infine, il fatto che il pur implementato utilizzo degli impianti condominiali, a causa del collegamento a essi delle nuove utenze, non ne altera la destinazione originaria, nel pieno rispetto dei limiti elaborati dalla giurisprudenza affinché possa ritenersi legittimo l’uso più intenso della proprietà comune da parte di singoli condòmini (Cass. Civ. n. 14107/12).
Resta confermato, così, che, in simili ipotesi, non si può proibire la modifica che costituisca uso più intenso della cosa comune da parte di un proprietario, anche in assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modificazione.