Avvocato e Giornalista
Non serve il titolo edilizio per aprire una porta o spostare pareti all’interno dell’appartamento. Si tratta di opere di manutenzione straordinaria per le quali è sufficiente la comunicazione di inizio lavori.
Secondo la giurisprudenza (TAR Lazio n. 12304 del 23/11/2020), è illegittimo il provvedimento che ingiunge di rimuovere «le differenze nella distribuzione interna» dell’immobile «rispetto all’ultimo titolo edilizio presente agli atti». E ciò perché gli interventi in questione configurano delle opere di manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lette. b), T.U. Edilizia, che possono essere realizzate con una comunicazione di inizio lavori (C.I.L.), purché non riguardino parti strutturali dell’edificio.
Il principio vale anche per le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa – anche qui sempre che non riguardino le parti strutturali – ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa
Come hanno stabilito più volte i giudici amministrativi (cfr. TAR Campania, 02/01/2019, n. 1), gli interventi di manutenzione straordinaria in questione, ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, purché non riguardino le parti strutturali dell’edificio, possono essere eseguiti senza alcun titolo, anche se previa comunicazione.
Di conseguenza, la P.A. non può ordinare la demolizione di opere edilizie e il ripristino dello stato dei luoghi, nel caso di interventi ascrivibili alle fattispecie assoggettate al regime della comunicazione di inizio lavori (CIL).
Nella fattispecie decisa dal TAR Lazio con la sentenza citata, il ricorrente aveva chiesto l’annullamento della determina adottata dal comune, con la quale gli era stato ingiunto di rimuovere o demolire gli interventi di ristrutturazione edilizia, consistenti nella «nella realizzazione, su terrazzo di proprietà, di due manufatti con copertura di legno e tegole, pareti in muratura ed infissi di metallo e vetro, collegati da una pensilina in aderenza all’unità immobiliare».
Secondo il ricorrente, il comune avrebbe dovuto applicare la sanzione pecuniaria, e non quella ripristinatoria. Sostiene, inoltre, la “indemolibilità tecnica” della veranda (che non potrebbe essere demolita senza recare pregiudizio per le parti legittime dell’immobile) e l’esiguità dell’abuso contestato dagli uffici comunali, anche perché si discute di “alcune differenze nella distribuzione interna dell’appartamento, rispetto all’ultimo titolo edilizio”.
Il TAR Lazio ha accolto il ricorso ritenendo fondata proprio quest’ultima eccezione.
Secondo i giudici, è illegittimo il provvedimento che ingiunge di rimuovere «le differenze nella distribuzione interna» dell’immobile «rispetto all’ultimo titolo edilizio presente agli atti». E ciò perché gli interventi in questione configurano delle opere di manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lette. b), T.U. Edilizia, che possono essere realizzate con una comunicazione di inizio lavori (C.I.L.), a patto che non riguardino le parti strutturali dell’edificio.