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Polveri, finestre chiuse e balconi negati: la Cassazione condanna l’ex manager Ilva, ecco cosa cambia per i proprietari
Tasse, Imposte e Normative 19 marzo 2025

Polveri, finestre chiuse e balconi negati: la Cassazione condanna l’ex manager Ilva, ecco cosa cambia per i proprietari


La Cassazione riconosce, per la prima volta, la responsabilità diretta di un manager per il degrado abitativo causato da emissioni inquinanti.
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Ivan Meo

Articolista giuridico, collaboratore esterno di Immobiliare.it

A marzo 2025 la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che farà giurisprudenza oltre a riaccendere il tema del risarcimento per danno ambientale agli immobili. I Giudici hanno riconosciuto, per la prima volta, la responsabilità diretta di un manager per il degrado abitativo causato da emissioni inquinanti

Finestre sempre chiuse, terrazzi inutilizzabili, facciate annerite: analizziamo come si è arrivati al risarcimento dei residenti di Tamburi.

Risarciti i proprietari danneggiati dalle polveri 

Una sentenza destinata a fare scuola. La Corte di Cassazione ha condannato il direttore dello stabilimento ex Ilva di Taranto a risarcire 31 residenti del quartiere Tamburi, zona tristemente nota per la vicinanza alle aree industriali e per l’altissimo tasso di inquinamento. A riportare la notizia è stato il quotidiano Il Sole 24 ore, che è stata poi ripresa prontamente da diversi organi di informazione.

Il motivo? Le polveri di carbone emesse dall’impianto tra il 2009 e il 2012 hanno danneggiato direttamente il godimento degli immobili. Terrazze inutilizzabili, finestre sempre chiuse, facciate annerite. Un degrado tale da giustificare, secondo i giudici, una riduzione del 5% del valore delle abitazioni coinvolte.

Una percentuale tutt’altro che simbolica, che apre un importante precedente per tutti i proprietari immobiliari coinvolti in contesti simili. 

Un danno ambientale che tocca il diritto di proprietà 

Nel caso di Tamburi, la compromissione della qualità della vita non è stata solo una questione sanitaria o ambientale: ha inciso direttamente sul diritto di proprietà.

Non poter usare terrazze e balconi, dover vivere con le finestre costantemente chiuse, subire l’imbrattamento delle facciate – tutto questo, secondo la Suprema Corte, ha comportato un danno concreto e misurabile.

La valutazione è chiara: il danno corrisponde al 5% del valore dell’immobile. Un dato che offre un parametro oggettivo a cui ancorarsi, anche in cause analoghe, e che rafforza la centralità della tutela del bene casa come luogo da vivere, non solo da possedere.

Responsabile non solo la società, ma anche chi dirige 

L’ex direttore Ilva aveva cercato di scaricare la responsabilità sulla società, ma la Cassazione ha ribaltato il ragionamento: la condanna riguarda un illecito penale commesso da una persona fisica, e non può essere ridotto a una mera questione societaria.

Secondo la sentenza, l’ex dirigente rivestiva una “posizione di garanzia” in quanto gestore dell’impianto. Aveva cioè il potere (e il dovere) di intervenire per evitare che le polveri superassero i limiti legali, cosa che è accaduta ben 35 volte l’anno, per un periodo che va dall’autunno del 2009 al luglio del 2012.

I precedenti

Con la sentenza n. 18810/2021, la Corte di Cassazione aveva già affrontato un caso simile in cui alcuni proprietari di immobili nel quartiere Tamburi di Taranto, colpiti dalle immissioni di polveri minerali provenienti dallo stabilimento siderurgico ex ILVA, avevano lamentato il deprezzamento degli immobili e la compromissione del pieno godimento del bene. 

La Corte ha confermato che le immissioni superavano la normale tollerabilità ai sensi dell’art. 844 c.c., arrecando un danno risarcibile anche in assenza di un danno alla salute o di una perdita economica immediatamente dimostrabile.

Il pregiudizio derivante dalla compressione del diritto di proprietà è stato ritenuto autonomamente indennizzabile. La liquidazione è stata effettuata in via equitativa, pari al 20% del valore degli immobili. La sentenza ha riconosciuto che anche le limitazioni del godimento del bene, se derivanti da fattori esterni come le immissioni industriali, possono costituire un danno patrimoniale.

Anche i Tribunali hanno avuto modo di analizzare questa casistica, ma con esiti diversi. Il Tribunale di Taranto, con Sentenza n. 1934 del 4 luglio 2022, ha affrontato il caso di fenomeni di degrado provocati dal deposito di polveri rosse sulle facciate degli immobili nel quartiere Tamburi. Pur riconoscendo la presenza di tali fenomeni, il Tribunale ha ritenuto che non fosse stato sufficientemente dimostrato il nesso causale tra le immissioni e un concreto deprezzamento commerciale degli immobili, respingendo così la domanda di risarcimento per tale voce di danno.

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