Avvocato
La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 2042 del 30 novembre 2021, stabilisce che per autorizzare la costruzione nell’atrio del fabbricato di un vano tecnico, al cui interno installare impianti idrici privati, occorre il voto favorevole dell’unanimità dei condòmini.
Dichiarata nulla, pertanto, la delibera autorizzativa adottata a maggioranza qualificata in quanto il vano di nuova costruzione, riducendo notevolmente le dimensioni originarie dell’androne, ne avrebbe alterato anche l’originaria destinazione, impendendone il pari uso (potenziale) da parte degli altri (com)proprietari.
Accolto, dunque, l’appello di alcuni condòmini contro la sentenza del Tribunale di Bari che, in prima istanza, aveva rigettato l’impugnazione delle due distinte delibere autorizzative dell’installazione del locale tecnico, destinato ad accogliere ben sei impianti di autoclave ed altrettanti serbatoi, ciascuno al servizio di distinte unità immobiliari private.
Osserva la Corte come la struttura di nuova costruzione, se realizzata, occupando circa 10 metri quadrati dell’atrio d’ingresso del fabbricato (su un totale di poco più di 30), avrebbe modificato in maniera sostanziale dimensioni, forma e struttura del vano androne, riducendolo a poco più di un corridoio.
Ciò avrebbe avuto dirette ripercussioni sul pari (potenziale) utilizzo del bene comune, per esempio ostacolando i traslochi o anche il semplice trasposto di mobili e altri oggetti ingombranti.
Altrettanto certamente la modesta larghezza dell’accesso, in seguito alla costruzione del citato vano tecnico, avrebbe avuto effetti negativi sull’utilizzo dello spazio comune d’ingresso in occasione di particolari avvenimenti, quali per esempio matrimoni e funerali.
Sul punto, il Collegio richiama il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo il quale il rispetto del principio generale di cui all’art. 1102 c. c. e delle regole dettate dall’art. 1120 c. c., in tema di innovazioni, qualora alcune parti del bene comune vengano destinate ad uso e comodità esclusivi di singoli condòmini, obbliga il giudice a un duplice accertamento.
Perché l’innovazione sia validamente deliberata occorre che il bene, nella parte residua, possa in maniera adeguata soddisfare le (potenziali) analoghe esigenze degli altri condòmini, e che lo stesso, ove sia verificato il rispetto di tale prima condizione, mantenga inalterata la sua originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l’unanimità dei consensi dei partecipanti al condominio.
Inoltre, ad avviso della Corte d’appello, se si può affermare che ciascuno ha diritto di trarre dal bene comune un’utilità più intensa – o anche semplicemente diversa da quella ricavata dagli altri – è altrettanto necessario che l’utilità che il condomino intenda ricavare dall’uso particolare della parte comune non sia contrastante con la specifica destinazione della medesima.
Nel caso in esame, il vano tecnico modifica la destinazione di una parte consistente dell’androne, che ha la funzione tipica di consentire un comodo e disciplinato accesso alle unità immobiliari ricomprese nel condominio, limitandolo e rendendolo meno agevole.
Le delibere quindi, per poter essere valide, andavano approvate all’unanimità e non a maggioranza e, stante il dissenso dei condòmini appellanti, le stesse non possono che essere dichiarate nulle.