Collaboratore di Immobiliare.it
Se n’era iniziato a parlare a dicembre, quando i prezzi di beni anche di prima necessità iniziavano a rincarare: eravamo nella prima fase post-Covid, quando i risparmi accumulati e ora disponibili da investire avevano alimentato la voglia di recuperare la recessione dovuta al virus. Ora la guerra in Ucraina non ha fatto che alimentare la tanto discussa – e temuta – inflazione: l’ultima rilevazione Istat parla a marzo di un +6,7%, record dal 1991. Il primo costo a salire è quello delle bollette, cresciute il mese scorso di quasi il 60%, ma cresce anche il valore del carrello della spesa, aumentato del 5% e che, per Banca d’Italia, potrebbe addirittura arrivare all’8% se davvero si bloccherà l’importo di gas dalla Russia.
Ma non è tutto, o meglio, non ancora. In molti, come racconta Repubblica in questo lungo approfondimento, soprattutto gli imprenditori denunciano di come gli effetti dei rincari dovuti all’inflazione non siano ancora completamente arrivati a sentirsi sul portafoglio degli italiani. Perché ad aumentare sono già i costi all’origine di ciò che consumiamo: le materie prime delle aziende agricole, ad esempio, soffrono di importanti rincari anche se molti produttori stanno spingendo per l’autoproduzione, pratica che però non sempre è fattibile. Anche perché, si legge nell’inchiesta, gli aumenti dei costi che si percepivano su base mensile ora hanno velocizzato su base settimanale.
Basti pensare, per utilizzare uno degli esempi riportati, che coltivare un ettaro di terreno di pomodori nel 2021 costava 9.500 euro, diventati 12.265 in autunno e quasi 16mila oggi. Perché ad aumentare è tutto, non solo gas ed energia: dal packaging al vetro, fino alla pellicola per gli imballaggi, senza considerare che anche il reperimento dei materiali è diventato complesso.
Non si sa ancora bene dove arriveremo e che picchi di inflazione toccheremo ma una cosa è certa: almeno nei prossimi tre mesi i prezzi cresceranno. I dati Istat di marzo parlano al momento di un record del +17,8% della verdura, +13% sul costo della pasta, 10% per la farina, oltre l’8% per il pollame e la frutta e 7,6% per il pesce, +5,8% per il pane.
Ma come rimediare? Unione Nazionale dei Consumatori consiglia di rimandare gli acquisti non necessari e di impegnarsi nel confronto fra i prezzi dei diversi punti vendita in modo da trovare la convenienza per ogni bene di cui si ha bisogno. In particolare, si suggerisce di tararsi sui prezzi reali, quindi quelli al chilo ad esempio, per non incappare nella cosiddetta shrinkflation, vale a dire risparmio sì ma solo in apparenza, con confezioni più piccole che contengono meno prodotto.
Nonostante le ultime misure del Governo che hanno tagliato le accise sul carburante di 25 centesimi fino al 2 maggio e dell’Arera che ha tagliato il 10% per la spesa di luce e gas, la spesa di una famiglia italiana media in un anno, a giugno, salirà del 71% per il gas e dell’83% per l’energia elettrica. Non poco, soprattutto se si considera che questo tipo di inflazione, come suggeriscono gli esperti, colpisce per lo più le fasce povere della popolazione.
Non c’è risposta a questa domanda perché è molto complesso trovare un equilibrio. In tempi di inflazione infatti anche un aumento dei salari potrebbe non essere una buona notizia perché porterebbe a un ulteriore rincaro dei prezzi di mercato. Ma sta di fatto che nella situazione attuale i lavoratori perdono sempre più potere d’acquisto in quanto a parità di stipendio la vita costa sempre di più.