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La Chiesa e l’Imu, facciamo il punto

29 Febbraio 2012 Spese e consumi

Tiene banco da giorni l’introduzione, all’interno del DL liberalizzazioni del Governo Monti, dell’emendamento che obbliga al pagamento dell’Imu per gli immobili della Chiesa utilizzati con scopi commerciali. Quali sono le novità e le conseguenze di questo provvedimento?

La natura del provvedimento

La vera controversia nasce nel voler distinguere tra ciò che rappresenta un’attività lucrativa e quello che invece resta nell’universo del non profit, soprattutto per quel che riguarda l’universo dell’istruzione cattolica. Monti, in questo, è stato chiaro, chiedendo di considerare, per gli istituti scolastici, tre criteri: il primo è senza dubbio lo svolgimento di un’attività paritaria rispetto a quella statale. Il che significa offrire un servizio omologo a quello pubblico, per quel che riguarda i contratti per i dipendenti, i piani di studio, l’apertura agli studenti disabili. Non meno importanti il secondo ed il terzo criterio, vale a dire la parità di accesso da parte di tutti i cittadini e l’utilizzo di eventuali ricavi per il miglioramento delle attività scolastiche.

Il Presidente Monti stesso ha rivelato di aver ottenuto un assenso informale da parte dell’Unione Europea: questo emendamento dovrebbe essere sufficiente per fermare la procedura di infrazione che pende da tempo sull’Italia, dovuta alla legislazione precedente.

La normativa assumerà valore formale dal primo gennaio 2013: restano esenti, come in passato, tutti gli immobili adibiti ad uso non commerciale: i luoghi delle attività assistenziali, sanitarie, previdenziali, didattiche, culturali, sportive, religiose e ricreative non dovranno pagare nulla.

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