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Allo stesso modo di quanto accaduto nel 2020 all’indomani dell’introduzione delle prime norme di isolamento che mettevano in lockdown il nostro Paese, l’economia inizia a chiedersi se questa guerra in Ucraina, che va avanti ormai da oltre due mesi, avrà ripercussioni sul mercato immobiliare.
In realtà, non sono solo gli economisti a porsi il quesito, ma anche chi cerca casa o chi ha messo la sua sul mercato teme ripercussioni, in particolare sull’andamento dei prezzi.
Abbiamo provato a riflettere sul tema insieme a Carlo Giordano, Amministratore Delegato di Immobiliare.it.
Rispetto alla pandemia, la guerra ha minato maggiormente la fiducia degli italiani
“Nel primo mese di pandemia e lockdown a causa del Covid-19, il clima di fiducia generale aveva perso cinque punti percentuali, mentre lo stesso dato, a un mese dallo scoppio della guerra in Ucraina, parla di una perdita del 10%.
Davanti alle immagini atroci del conflitto, infatti, l’uomo perde fiducia verso i suoi simili, contrariamente a quanto accadeva all’epoca del virus che resta un fattore esterno e, in qualche modo, fuori dal nostro controllo.
Lo abbiamo visto anche dall’andamento delle visite sul portale, dal momento che nella prima settimana di guerra le ricerche sono calate, ma subito dopo sono tornate a livelli normali, quelli a cui siamo stati abituati negli ultimi mesi.
Va, però, ricordato che di eventi simili, negli ultimi anni non ci sono stati precedenti, non in Paesi così occidentalizzati e percepiti come molto vicini come nel caso dell’Ucraina. Per questo, l’approccio di molti potrebbe virare su un portare avanti il progetto di acquisto della casa che, comunque, si realizza in tempi medio-lunghi, in attesa di capire cosa succederà”, dichiara Carlo Giordano.
Pandemia e guerra ci hanno dimostrato che non esiste più un andamento ciclico?
“Siamo da sempre abituati a un andamento ciclico dei flussi economici in cui si alternano, spesso con periodicità definite e certe, momenti positivi e altri di calo dei mercati, in particolare di quello immobiliare che ha funzionato fino a oggi con il tipico modello a nido d’ape.
La pandemia e la guerra ora ci mettono davanti a una realtà improvvisamente nuova, in cui l’intero pianeta ha perso la sua stabilità e i famosi cicli non risultano più un buon modello da tenere a mente, visto che in pochissimo tempo possono accadere e sono accaduti eventi che ne minano l’andamento”.
Comprare subito o aspettare: questo è il dilemma
“Alla luce di queste considerazioni, dobbiamo pensare che otto progetti di acquisto di casa su dieci, in Italia, sono legati all’accensione di un mutuo: non è difficile quindi immaginare che esista anche un fronte di persone più timorose che, in questo momento storico, decideranno di rimandare a quando il clima generale migliorerà, per sentirsi più tranquille nell’investire in un impegno così importante e soprattutto di lunga durata.
È chiara però la dicotomia che sottende a queste situazioni. C’è un altro fronte che invece, soprattutto in Italia, vede l’immobile come il bene più sicuro in cui investire e, per questo, magari è portato ad accelerare sull’acquisto, per paura di una crisi economica che gli genera il bisogno di un posto sicuro per i suoi risparmi”.
Scenderanno i prezzi degli immobili?
“Nel breve periodo la risposta a questa domanda è no, i prezzi non subiranno un crollo improvviso. Tradizionalmente, il primo indicatore del mercato immobiliare a risentire di dinamiche critiche è il numero di compravendite e solo successivamente – come conseguenza – gli effetti si ripercuotono sui prezzi.
Questo perché la dinamica del prezzo è molto lenta: chi oggi ha un immobile da vendere non è affatto portato (al momento) a ribassarne il valore. Di fronte alla fretta di dar via il proprio bene vince senz’altro la volontà di portare a casa il giusto guadagno e, quindi, si preferisce aspettare piuttosto che svendere. Ma stiamo parlando di un impatto che riusciremo a misurare fra sei mesi o addirittura un anno.
E probabilmente non ovunque: se davvero si dovesse generare un ciclo negativo per la nostra economia, sicuramente ne risentirebbero le aree già in difficoltà, come il Sud. Difficilmente a Milano, per esempio, potranno esserci grossi scossoni”.
Mercato immobiliare: il caso unico di Milano
“Sul mercato immobiliare più performante d’Italia, quello di Milano, le preoccupazioni sono amplificate. In una piazza dove i prezzi crescono in media del 5% all’anno e che hanno superato i 5.000 euro al metro quadro, si teme che la situazione di incertezza a livello globale porti a far scoppiare la tanto temuta bolla.
A mio parere, ne siamo ancora lontani; questo perché rispetto alle altri capitali europee con cui possiamo paragonarla, Milano ha ancora un rapporto di prezzo-euro/mq molto basso: segno che ancora esistono margini di crescita.
Relativamente al contesto di guerra, la dinamica del prezzo di Milano risponde alle regole sopra menzionate ed è caratterizzato dalla lentezza anche se l’altissima attrattività della metropoli sta portando – in particolare gli affitti – a crescere di anno in anno, a fronte di una richiesta molto elevata.
Non solo, la vivacità economica che interessa la città come unicum in Italia sta portando a un miglioramento delle ricerche in termini qualitativi: si cercano case più belle. Questo aspetto è fotografato bene dai numeri relativi al nuovo; dei 110 cantieri aperti in questo momento nell’area milanese, l’80% delle abitazioni è giù stato venduto.
In dieci anni la città è cresciuta da ogni punto di vista e ha agito nel segno dell’accoglienza di una grande parte di popolazione che prima risiedeva altrove e che, una volta giunta a Milano, come prima soluzione abitativa opta perlopiù per un affitto.
È per questo che quello delle locazioni è il mercato più vivace e lo continuerà a essere anche in questo contesto bellico”.