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Era il 2008 quando Vittorio Sgarbi, all’epoca sindaco di Salemi, piccolo comune dell’entroterra siculo, aveva annunciato la messa in vendita di alcune vecchie dimore della cittadina alla cifra simbolica di 1 euro.
Da lì in avanti il fenomeno delle “case a un euro” ha occupato spesso le pagine di cronaca, come in un recente articolo de L’Economia del Corriere della Sera che fa il punto su questa tendenza.
Sono ormai un numero considerevole (oltre 60) i borghi e i piccoli centri – il più delle volte di difficile accesso – che mettono in vendita proprietà spesso in condizioni critiche, che necessitano di estesi interventi di restauro e ripristino, con questa modalità. Addirittura esiste un sito internet dedicato che raccoglie e mappa tutte le abitazioni disponibili e fornisce alcune indicazioni utili a quanti sono interessati ad acquistare una delle case offerte dai Comuni aderenti all’iniziativa.
Ciascun Comune delinea le modalità di acquisto dell’immobile offerto alla cifra simbolica di un euro, e le rende note tramite apposito bando. In linea generale solitamente è la stessa amministrazione comunale a promuovere il progetto e a porsi come garante della compravendita.
Chi acquista è tenuto a presentare un progetto di ristrutturazione e rivalutazione dell’immobile completo di tempistiche e a pagare tutte le spese connesse come quelle notarili, di voltura e di accatastamento. Inoltre l’acquirente deve anche stipulare una polizza fideiussoria di importo variabile che scadrà al termine dei lavori.
Fino a metà 2022 gli eventuali compratori potranno anche avvalersi delle agevolazioni garantite dal Superbonus 110% previsto dal Governo.
Dobbiamo tenere conto che il più delle volte questi immobili si trovano in zone quasi inaccessibili, a 50 chilometri di strada sterrata dalla posta, la scuola o il supermercato più vicino, spesso manca la rete internet – riflette Giordano – sono poche le persone che possono permettersi un’esistenza contemplativa di questo tipo: si tratta per lo più persone non più in età lavorativa, perché ancora molti contratti non consentono un lavoro a distanza al 100%. Con la pandemia le seconde case hanno vissuto una seconda giovinezza, ma queste offerte sono subordinate a una residenza in pianta stabile. A conti fatti l’offerta non incontra una domanda adeguata
Vanno considerati poi i costi di ristrutturazione «Almeno 1.600-1.700 euro a metro quadro – dice Giordano – Le case a un euro rappresentano uno strumento eccellente per mettere in evidenza i nostri territori dimenticati, ma non so quanto possa essere risolutivo per ripopolarli».