Avvocato
In ambito condominiale, spesso, accade che gli impianti di condizionamento privati – se non adeguatamente manutenuti – generino rumori in grado di disturbare gli altri condomini.
In tema di immissioni moleste, l’art. 844 c.c. tutela ciascun proprietario dal rumore prodotto dal vicino, purché presenti il carattere della intollerabilità anche in relazione alla condizione dei luoghi.
Appare, quindi, necessario chiarire in concreto a quali condizioni la norma consenta la repressione del fenomeno.
Risultando indefinito il richiamo normativo al concetto della “normale tollerabilità”, la giurisprudenza si è occupata di formulare il criterio c.d. “comparativo”: sono presunte intollerabili le immissioni la cui sopportazione arrechi un danno all’uomo medio ed al contempo risultino superiori al rumore di fondo, già presente nei luoghi ove la molestia si è realizzata.
Il criterio comparativo, quindi, demanda all’apprezzamento del giudice l’indagine sulla liceità delle immissioni (cfr. Cass. n. 939/2011; Cass. n. 1418/2006) e, per tale ragione, da esso residua un elevato margine di incertezza.
Per supplire alle incertezze sopra menzionate è stato introdotto dal legislatore un criterio legale. Esso è contenuto nella legge n. 447/1995, definita “legge quadro sull’inquinamento acustico” e prevede che i limiti d’immissione siano “determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo”.
Per l’effetto, il limite massimo del valore del rumore prodotto in eccedenza al livello di rumore ambientale (c.d. “valore limite differenziale d’immissione”) non può superare all’interno degli ambienti abitativi i 5dB per il periodo diurno ed i 3dB per il periodo notturno (art. 4, c. DPCM 14/11/1997).
Tale criterio è noto in giurisprudenza come “criterio differenziale” proprio perché atto a determinare la tollerabilità dell’immissione acustica, misurando lo scostamento (il differenziale, appunto) dal livello di rumorosità ambientale.
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I criteri sopra esposti rimangono validi anche quando all’interno di un condominio il rumore provenga da un condizionatore di un privato. In numerosi casi, infatti, la giurisprudenza applicando i criteri di cui sopra è giunta a condannare i proprietari il cui impianto di climatizzazione era idoneo a disturbare il vicino.
Si badi, poi, che il proprietario del condizionatore rumoroso potrebbe essere esposto a sanzioni di natura penale, qualora il rumore sia percepito come disturbo da un numero indeterminato di soggetti, in aderenza a quanto disposto dall’art. 659 c.p., che tutela il bene giuridico della quiete pubblica.
Chiariti in linea generale i principi che regolano la materia, è opportuno analizzare un caso pratico per comprenderne l’applicazione. Un amministratore citava in giudizio una società avente ad oggetto lo svolgimento di attività alberghiera nel medesimo stabile da lui amministrato, deducendo una situazione di eccessiva rumorosità dovuta al funzionamento dei condizionatori installati all’interno della chiostrina condominiale.
Rispetto a tale situazione, l’attore chiedeva la cessazione dell’inquinamento acustico. La società alberghiera convenuta, a propria difesa, eccepiva che sulla chiostrina insistevano anche altri impianti di condizionamento collocati da altri condomini risultanti più rumorosi rispetto a quelli da lei installati.
Il Tribunale, analizzando dettagliatamente la rumorosità di tutti gli impianti installati nella chiostrina, è giunto a concludere che solo nel periodo notturno due di essi superavano i livelli previsti dal criterio comparativo e differenziale.
In conseguenza di ciò, ne veniva disposto lo spegnimento in orario notturno (Tribunale di Roma, sent. n.14279 del 10/09/2021).
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