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Case, Ville e Condomini 8 ottobre 2025

Danni da infiltrazioni e mancato guadagno per l’attività di affittacamere: quando è possibile ottenere il risarcimento?


Si può chiedere il risarcimento del mancato guadagno nel caso in cui proprietario, per via delle infiltrazioni, non ha potuto affittare l'immobile?
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Giuseppe Donato Nuzzo

Avvocato e giornalista, collaboratore esterno di Immobiliare.it

Chi subisce un danno da infiltrazioni nel proprio immobile può chiedere il risarcimento fornendo la prova dei danni subiti, della loro entità e del nesso di causalità tra danni e infiltrazioni. 

Negli edifici condominiali, quando le infiltrazioni provengono da impianti o parti comuni, la responsabilità ricade sul Condominio, in qualità di custode delle parti comuni stesse. Si applica l’articolo 2051 del codice civile, secondo cui: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Ma quali sono i danni risarcibili? È possibile chiedere il risarcimento del mancato guadagno nel caso in cui proprietario, a causa delle infiltrazioni, non abbia potuto affittare l’appartamento o, comunque, destinarlo ad attività ricettive? Una volta individuato il soggetto responsabile delle infiltrazioni, il risarcimento del danno da mancata locazione scatta automaticamente

Proviamo a rispondere a questi quesiti dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.

Il danno risarcibile 

Le infiltrazioni causano un danno “patrimoniale” alla proprietà, rappresentato dall’impossibilità di godere e disporre pienamente dell’immobile. 

Il danno patrimoniale si compone di due elementi: 

Con specifico riferimento al mancato guadagno conseguente alle infiltrazioni, tale danno consiste nella perdita della disponibilità del bene e nell’impossibilità di conseguire l’utilità di regola ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso (Cass. civ. 12/07/2019, n. 18740).

Quando si parla di danno da mancato guadagno?

Il proprietario che ha concesso in affitto l’immobile ha senz’altro il diritto al risarcimento del danno da perdita di chance, non solo se il conduttore restituisce tardivamente l’immobile, ma anche quando lo stesso non può essere locato ad altri per via dei necessari interventi di cui il proprietario deve farsi carico per riparare i danni arrecati dall’inquilino.

Applicando tale principio all’immobile utilizzato per attività di affittacamere, possiamo affermare che è possibile richiedere il risarcimento del danno per mancato guadagno, per impossibilità di dare in locazione il proprio immobile.

Secondo alcuni giudici, il danno è in re ipsa: significa che il danno può essere ritenuto esistente e risarcibile per il solo fatto che un illecito è stato commesso. In questo modo si semplifica l’onere della prova a carico del soggetto che chiede il risarcimento. Infatti, il danno subito dal proprietario consegue “automaticamente” dalla mancata disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire integralmente l’utilità da esso ricavabile.

Servono le prove del mancato guadagno 

Occorre dire, però, che la giurisprudenza prevalente segue un orientamento più rigoroso. La regola generale rimane quella che pone l’onere della prova a carico del soggetto che chiede il risarcimento. 

Per esempio, secondo la Corte d’Appello di Bari (sentenza 23 ottobre 2019 n. 2204), il danno da perdita di chance, derivante dall’impossibilità per il proprietario di un’immobile di concederlo in locazione a terzi, non è assumibile in re ipsa, dovendo essere allegato e provato sia nell’an che nel quantum, sia pure sulla scorta di presunzioni riguardanti l’effettiva potenzialità reddituale dell’immobile, per effetto della pregressa redditività dello stesso cespite.

Sulla stessa linea il Tribunale di Sassari (sentenza n. 9 del 03/01/2024), che ritiene insufficiente la sola presenza di infiltrazioni per riconoscere il danno da mancata locazione; ai fini del risarcimento, infatti, il proprietario dovrebbe dimostrare di aver cercato attivamente di dare in locazione immobile e che l’impossibilità di affittare l’immobile sia direttamente collegata alle infiltrazioni, e non ad altre cause.

La stessa Corte di Cassazione ammette il danno in re ipsa, ma con alcune importanti precisazioni.

La Corte ha infatti stabilito che, nell’ipotesi di infiltrazioni di acqua derivanti da parte comune di edificio condominiale, il danno subito dal proprietario dell’immobile per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purché inteso in senso descrittivo (cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene) senza comunque far venir meno l’onere per l’attore quanto meno di allegare, e anche di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio. Dunque, deve provare che se avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cass. civ. 09/10/2020, n. 21835). 

Conclusioni

In base alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza, il danno da mancata locazione dovuta alle infiltrazioni è certamente risarcibile, se però il proprietario dimostra il nesso causale tra le perdite d’acqua e l’impossibilità di affittare il bene.

Deve anche provare di aver tentato effettivamente di locare la cosa e di non esserci riuscito proprio a causa delle infiltrazioni presenti nell’immobile. È dunque fondamentale provare, anche per presunzioni, di aver subìto un’effettiva e concreta lesione del proprio patrimonio per non aver potuto locare o di aver perso l’occasione di utilizzarlo per l’attività di affittacamere. In assenza di tali elementi di prova, la richiesta risarcitoria rischia di essere rigettata. 

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