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Condominio
Case, Ville e Condomini 7 ottobre 2025

Si può cambiare nome al condominio?


Cambiare nome al condominio non è una semplice decisione amministrativa. Ecco cosa dice la legge, quando serve l’unanimità e quali sono i limiti imposti dalla giurisprudenza.
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Alessandra Caparello

Collaboratrice esterna di Immobiliare.it

Nel corso della vita di un edificio condominiale possono presentarsi situazioni in cui si presenta la necessità di cambiare nome al condominio. Spesso ciò accade per ragioni pratiche: rilancio commerciale, riqualificazione architettonica, cambio d’immagine o discontinuità rispetto a una precedente gestione ritenuta fallimentare.

Ma è davvero possibile cambiare nome al condominio? La risposta è sì, ma solo a precise condizioni legali, tra cui spicca il consenso unanime di tutti i proprietari.

La natura giuridica del condominio

Per comprendere il motivo di questa rigidità, è necessario partire dalla natura giuridica del condominio. Il condominio, pur non essendo dotato di personalità giuridica propria come una società o un’associazione, è considerato dalla legge una comunione forzosa dotata di autonomia organizzativa e gestionale. È un ente di gestione che rappresenta la collettività dei singoli proprietari, e come tale, possiede una sua denominazione, un codice fiscale, e può intrattenere rapporti giuridici con terzi (ad esempio per appalti, contratti, contenziosi).

Nonostante ciò, le regole che governano il suo funzionamento sono rigidamente stabilite dal Codice civile, e tra queste c’è anche il principio che le decisioni fondamentali devono essere adottate nel rispetto delle maggioranze previste per legge.

Cambiare nome al condominio: è un atto ordinario o straordinario?

Una delle questioni centrali è capire se il cambio di nome del condominio rientra tra gli atti di ordinaria o straordinaria amministrazione. Da un punto di vista strettamente gestionale, si potrebbe essere portati a pensare che si tratti di un’operazione amministrativa come un’altra. Ma la realtà giuridica è ben diversa.

Cambiare la denominazione di un condominio incide sull’identità dell’ente condominiale comportando la necessità di ottenere un nuovo codice fiscale e di aggiornare tutti i registri pubblici e fiscali in cui il condominio è iscritto.

In altre parole, non si modifica solo il nome: si ridefinisce, di fatto, l’intero soggetto gestionale. Per questa ragione, tale operazione non può essere deliberata a maggioranza, ma richiede l’unanimità dei consensi da parte dei proprietari.

Cambio nome condominio: cosa dice la legge e la giurisprudenza

Non esiste una norma espressa nel Codice civile che disciplini direttamente il cambio di nome del condominio. Tuttavia, la giurisprudenza ha più volte chiarito che ogni modifica che incida sull’identità dell’ente condominiale – come appunto il cambio di denominazione – non può essere imposta senza il consenso unanime dell’assemblea condominiale.

Un’importante sentenza del Tribunale di Catanzaro (n. 1480/2025) ha recentemente confermato questo principio, chiarendo che il cambio di denominazione del condominio (e del suo codice fiscale) non può avvenire con una semplice delibera approvata a maggioranza, ma richiede l’assenso di tutti i condòmini, trattandosi di una modifica che incide sull’identità stessa dell’ente.

In quel caso, l’assemblea condominiale aveva deciso di cambiare nome al condominio e di richiedere un nuovo codice fiscale, senza l’assenso di tutti i condòmini. Una condomina aveva quindi impugnato la delibera, ottenendone l’annullamento.

Il giudice ha chiarito che in assenza di uno scioglimento formale del condominio esistente, non è possibile “crearne” uno nuovo con un nome diverso, poiché ciò equivarrebbe a una ri-fondazione del condominio stesso. Una simile operazione, incidendo sulla titolarità delle posizioni giuridiche collettive e sulla rappresentanza verso l’esterno, non può che avvenire con il consenso di tutti.

Cambio nome condominio in caso di degrado o abbandono

In molti casi, i tentativi di cambio nome si accompagnano a situazioni di abbandono gestionale, degrado strutturale, dimissioni dell’amministratore o totale inattività dell’assemblea. Queste condizioni possono generare nei condòmini più attivi il desiderio di “voltare pagina” e ripartire da zero, anche cambiando nome al condominio.

Tuttavia, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che lo stato di degrado non giustifica deroghe al principio del consenso unanime. L’identità del condominio resta giuridicamente intatta, anche se non è operativo, e non può essere “azzerata” con una semplice delibera votata da una maggioranza.

Cosa succede se si cambia nome senza unanimità?

Una delibera assembleare che modifica la denominazione (o il codice fiscale) del condominio senza il consenso unanime dei partecipanti è da considerarsi viziata e annullabile.

I condòmini dissenzienti – o anche quelli assenti all’assemblea – hanno il diritto di impugnare la delibera entro 30 giorni dal momento in cui ne vengono a conoscenza. Il giudice, accertato il vizio, può annullare la delibera, con l’effetto di ripristinare lo status giuridico precedente.

Oltre all’annullamento, una simile decisione potrebbe esporre l’amministratore (o i promotori della modifica) a responsabilità per eventuali danni o costi sostenuti illegittimamente dal condominio (es. per la richiesta di un nuovo codice fiscale, nuovi contratti, aggiornamenti catastali, ecc.).

Come procedere correttamente al cambio di nome

Se davvero tutti i condòmini sono d’accordo sul cambio di denominazione, l’operazione può essere portata a termine in maniera legittima e ordinata, seguendo questi passaggi:

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