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Tra inflazione legata al caro energia e crisi internazionale, dovuta al conflitto in Ucraina, il contesto economico presenta una dose massiccia di incertezza. Per quanto le prospettive 2022 di molti settori, compreso l’immobiliare, restano positivi, soprattutto se si paragonano i volumi con quelli del 2020 e del 2021, fiaccati dal Covid. In questo scenario, proseguono i segnali di rallentamento del settore dei mutui, che già da inizio anno aveva dato segnali di raffreddamento, complice l’evidente rincaro dei tassi. Il trend prosegue e ora la politica più cauta che le banche seguiranno nella concessione dei finanziamenti, per i prossimi mesi, viene messa nero su bianco dalla Bce.
Più rischi nel credito
La Banca centrale europea ha pubblicato il suo ultimo Bollettino il 28 aprile scorso. Il testo dei tecnici di Francoforte parla chiaro: “L’ultima indagine sul credito bancario nell’area dell’euro indica che nel primo trimestre dell’anno i criteri per la concessione di prestiti alle imprese e di mutui per l’acquisto di abitazioni sono divenuti nel complesso più restrittivi, in relazione ai maggiori timori degli intermediari circa i rischi cui è esposta la clientela nel contesto di incertezza.
Ci si attende un ulteriore inasprimento di tali criteri nei prossimi mesi, via via che le banche terranno conto dell’impatto economico avverso dell’aggressione della Russia all’Ucraina e dei rincari dei beni energetici”.
Interessi medi all’1,60%
Il caro vita, però, non si riflette solo sulla politica delle banche, perché sono anche le famiglie, dal canto loro, ad accantonare il sogno dell’acquisto della casa. Infatti la Bce sottolinea come nel secondo trimestre dell’anno si assisterà anche a una riduzione della domanda di mutui da parte dei consumatori. Quanto conta, su questo aspetto, il costo dei finanziamenti? Secondo l’ultimo bollettino mensile dell’Abi, l’associazione delle banche italiane, il tasso sui prestiti per l’acquisto di abitazioni è oggi intorno all’1,60% (si tratta di una media di mercato tra fissi e variabili).
Si tratta di una lieve, ma costante crescita rispetto ai mesi scorsi. Su questo punto, però, occorre allargare lo sguardo per una visione più chiara, poiché arriviamo da anni di tassi “stracciati” prossimi allo zero, sostenuti dalla politica iper accomodante della Bce. Un livello, però, poco fisiologico per un’economia sana e poco salutare per i bilanci delle banche. Non a caso, il bollettino dell’Abi segnala come un paio di decenni fa mutui e compravendite correvano, ma i mutui costavano anche il triplo. Nel 2007, nel pieno della bolla immobiliare che poi si sarebbe sgonfiata da lì a poco, la media del tasso dei mutui era al 5,7%.
Sempre meno surroghe
Eppure, alla base del rallentamento dei mutui, non ci sono solo questi motivi. Da un lato, si sta esaurendo la spinta di alcune misure di Stato, come il mutuo Giovani, cui comunque hanno già aderito migliaia di potenziali fruitori. In secondo luogo, negli scorsi anni il livello estremamente basso dei tassi ha tenuto in piedi anche il segmento delle seconde case o degli acquisti a scopo di investimento. Acquisti non necessari, che ora i risparmiatori possono aver deciso di rimandare, nell’attesa dell’evoluzione del quadro.
Ma soprattutto, va ricordato come una fetta sempre consistente del mercato dei mutui sia composta in realtà dalle surroghe, in sostanza quella portabilità del mutuo, gratuita per legge, che permette di ottenere un finanziamento a condizioni più favorevoli. I mutui di lungo periodo, che potrebbero avere convenienza ad essere surrogati, sono sempre meno. Come sottolinea il Barometro dei mutui redatto da Crif, aggiornato al mese di marzo, le richieste di mutui si sono ridotte in quel mese del 25,8%, anche a causa del “costante ridimensionamento delle surroghe, il cui peso arriva a coprire il 14% del totale”.
Segnali positivi
Eppure, dopo aver depurato l’analisi dalla componente “surroghe”, rimangono alcuni segnali positivi. In primo luogo, la surroga non corrisponde all’acquisto di una nuova abitazione, dunque il ridimensionamento di questo tipo di finanziamento non ha riflessi sul mercato immobiliare, a livello di nuove compravendite. E restando ai mutui, la quota di richieste da parte degli under 35 resta ormai stabilmente sopra il 30% del totale ed esercita un ruolo di traino sull’intero comparto, segnala ancora Crif. Nel 2018, anno pre pandemia, questa quota si fermava intorno al 27%. Per quanto riguarda infine la tipologia di mutui erogati, l’Abi informa che permane ancora il dominio del “tasso fisso”, che copre l’87,6% del mercato totale, dove comunque si segnala un progressivo incremento del “variabile”.
* Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.