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Curiosa la vicenda accaduta a Napoli che ha coinvolto un professionista, conduttore di un appartamento sito in un enorme complesso condominiale, reo di aver ripetutamente parcheggiato la propria auto e la propria moto nell’area comune condominiale anche dopo la revoca dell’autorizzazione da parte dell’amministratore del condominio.
La questione è arrivata sino in Cassazione ed è stata decisa dalla Quinta Sezione Penale con la sentenza n. 1492 del 20 luglio 2023.
I reati contestati per parcheggio abusivo in condominio
In un colpo solo il conduttore si è visto accusare (e condannare) per ben due reati:
- art. 633 c.p.: il quale punisce “chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”;
- art. 614 c.p.: il quale punisce “chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo”.
Il concetto ampio di “dimora”
Seguendo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, l’area condominiale rientra nel concetto di privata dimora, così da essere tutelata dalle limitazioni di cui all’art. 614 c.p., che non richiede la disponibilità esclusiva del proprietario ma che si tratti semplicemente di un luogo non aperto al pubblico, ossia a chiunque, ovvero che si tratti di un luogo che – come nel caso in esame – non sia accessibile a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale.
I cortili destinati al servizio e al completamento dei locali di abitazione rientrano quindi pienamente nel concetto di appartenenza di cui all’art. 614 c.p., spettando a ciascun titolare delle singole abitazioni il diritto di escludere estranei da quei luoghi.