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Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sentenza n. 306/17), che ha, di fatto, ripreso l’enunciato contenuto nel Regolamento Edilizio Tipo (DPCM 26 ottobre 2016, da recepire, poi, a livello regionale), la veranda può essere definita come quel locale o spazio coperto, spesso realizzato sul balcone del proprio appartamento al fine di ampliare la superficie da sfruttare, chiuso sui lati da superfici vetrate, mediante elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili o scorrevoli.
Per la costruzione di un simile manufatto, occorre dotarsi di idoneo titolo abilitativo, in quanto esso determina non solo una modifica strutturale, nel prospetto e nella sagoma, del fabbricato, ma anche e soprattutto un aumento di volumetria e della cubatura complessiva dell’immobile cui afferisce.
La natura della veranda
Per questo medesimo motivo, è da escludersi che la veranda possa essere qualificata come mera pertinenza, ossia accessorio urbanistico, dell’appartamento sul cui balcone viene installata.
Essa integra, piuttosto, un nuovo locale utilizzabile in maniera autonoma, il quale strutturalmente si aggiunge al preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie; come tale, va considerata come manufatto edilizio distinto da quello che va a modificare in senso migliorativo.
Al riguardo, giova ricordare che non è in alcun modo rilevante la qualità dei materiali utilizzati per la chiusura del balcone o per la realizzazione della struttura portante della veranda, posto che, indipendentemente da tali elementi, si verifica in ogni caso un aumento di volumetria (Consiglio di Stato – Sentenza n. 5801/18), né interessa la facile amovibilità della struttura (Cass. Penale, Sentenza n. 54692/18).
Ciò vuol dire che anche se si usa dell’alluminio leggero per costruire la struttura portante, anche se per la sua chiusura vengono usati materiali assolutamente trasparenti ed anche se, comunque, l’opera può essere facilmente rimossa, laddove c’è chiusura del balcone siamo in presenza di una veranda che, in quanto implicante aumento di volumetria, necessita della preventiva acquisizione di titolo abilitativo.
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Il titolo edilizio richiesto per la realizzazione di una veranda
Anche in questo caso, per la giurisprudenza amministrativa non sussistono dubbi di sorta: le verande realizzate a chiusura del balcone di un appartamento, poiché determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile sul quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire (Consiglio di Stato, Sentenza n. 5801/18).
Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto.
Nello stesso senso, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Penale, ha osservato che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo, delimitato da muri perimetrali, in veranda, utilizzando dei pannelli di vetro poggiati su un’intelaiatura metallica, non può essere soggetta al regime pertinenziale, né può essere considerato intervento di manutenzione straordinaria e di restauro; si tratta sempre di opera soggetta a concessione edilizia, ovvero permesso di costruire (Cassazione penale, n. 36238/18).
Il consenso del proprietario del balcone del piano soprastante
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato ha permesso di fare chiarezza su un’altra questione pratica molto dibattuta, legata alla realizzazione di una veranda a chiusura del balcone di un appartamento situato in condominio.
In simili ipotesi, per realizzare il manufatto, occorre il consenso del proprietario del balcone soprastante?
La riflessione s’impone, atteso che, ovviamente, la veranda viene ancorata alla soletta e, comunque, alla parte inferiore del piano di calpestio del balcone soprastante.
La pronuncia che ha fatto chiarezza sull’argomento è la sentenza del Consiglio di Stato n. 6593 del 26 luglio 2022 che, confermando la pronuncia di primo grado del Tar, ha evidenziato la necessità del predetto adempimento.
Da un’attenta lettura del provvedimento si ricavano alcune considerazioni di fondamentale importanza.
In primo luogo, viene ribadito che per balconi aggettanti devono intendersi quelli che, sporgendo dalla facciata dell’edificio, costituiscono un mero prolungamento dell’appartamento dal quale protendono; di conseguenza, non avendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell’edificio (fatti salvi eventuali elementi decorativi di particolare prego artistico), non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani, ma rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono (Cassazione, Sentenza n. 2241/12).
In secondo luogo, osserva il Collegio, siccome la veranda da realizzare in ampliamento risultava ancorata stabilmente alla soletta del balcone aggettante del piano superiore di proprietà esclusiva, appare consequenziale ed imprescindibile la preventiva autorizzazione del proprietario.
A conclusione del provvedimento, il Consiglio di Stato aggiunge che l’ente locale interessato al rilascio del titolo edilizio, nella specie il Comune, prima di procedere alla concessione della necessaria autorizzazione amministrativa, deve sempre assicurarsi che chi la richiede abbia rispettato i diritti dei privati, terzi interessati dall’opera che si intende autorizzare.
Ciò, naturalmente, vale solo nel caso in cui tali limiti siano conosciuti, o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo preventivo da parte del Comune consista in una mera presa d’atto, senza che si debba procedere ad approfondita disamina dei rapporti tra privati (Consiglio di Stato, sentenza n. 316/15).
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.