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Può accadere che in fase di riqualificazione edilizia di un immobile o ampliamento di un edificio, ci si trovi dinnanzi a controversia per le opere realizzate dal proprietario che non rispettano a i principi giurisprudenziali dettati dall’ufficio tecnico del Comune.
In pratica può accadere, e non è raro, che gli interventi realizzati dal proprietario su un manufatto esterno siano privi di tutti i requisiti ritenuti invece fondamentali per la dichiarazione di precarietà di una struttura costruita – ovvero senza necessario titolo edilizio – dall’ufficio tecnico comunale che deve approvare i lavori.
Alcuni casi giuridici recentemente accaduti presso il Tar Lombardia e il Tar del Lazio, spiegano bene il significato di pretesa precarietà delle strutture edilizie.
Il caso del Tar Lombardia sulla pretesa precarietà
Il caso dibattuto al Tar di Brescia vede coinvolta una società di compravendita e riparazione di veicoli industriali e accessori, che ha deciso di installare delle strutture metalliche non permanenti come copertura a protezione dei veicoli esposti.
Una sorta di gazebo realizzato con profili d’acciaio e bulloni senza fissaggio a terra in modo da essere classificato come opere/strutture precarie smontabili e amovibili che non necessitano di permesso a costruire.
A seguito di sopralluogo da parte dell’Ufficio tecnico il Comune, invece, adottava un’ordinanza di demolizione, poi oggetto di impugnazione.
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Demolizione del manufatto non temporaneo
La sentenza 1230 del 2 del dicembre 2022 del Tar di Brescia ha dato ragione al Comune perché per legge l’opera edilizia è precaria se oltre a non essere stabile e infissa al suolo è anche temporanea.
In questo caso, il gazebo dotato di illuminazione e utilizzato come deposito appariva come stabile e, quindi, non poteva rispondere alle caratteristiche di precarietà o di mobilità prescritta per l’edificazione in regime di edilizia libera.
Il caso del Tar Lazio sulla pretesa precarietà
Anche a Roma è recentemente stato sentenziato presso il Tar Lazio una simile situazione di precarietà di un manufatto in legno, realizzato senza richiedere permessi a costruire.
In questo caso, le strutture realizzate come precari presentavano un volume di complessivi mc 77,81 e mc 417,80 e venivano utilizzato come ufficio, esposizione, laboratorio artigianale.
L’ufficio tecnico del Comune ha richiesto alla proprietà l’obbligo di presentare il permesso per costruire.
Obbligo di permesso a costruire in relazione alla destinazione d’uso
La sentenza n. 15731 del Tar Lazio ha preteso che si chiedessero i permessi a costruire per realizzare i manufatti oggetto della questione. Questi infatti non si possono considerare precari solo perché costruiti in legno o perché non fissati al suolo. Un manufatto è ritenuto precario anche in relazione alla destinazione d’uso.
Come dichiarato dai giudici romani “la natura di opera precaria non si evince dalla tipologia dei materiali utilizzati per la sua edificazione e, più in generale, dalle caratteristiche costruttive e di ancoraggio al suolo della stessa, quanto piuttosto da un elemento di tipo funzionale, dovendosi verificare se la stessa sia o meno destinata al soddisfacimento di esigenze durevoli, stabili e permanenti nel tempo”.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.