Indice dei contenuti
Prima di tutto, facciamo brevemente il punto su norme e leggi che regolamentano questo settore. L’impianto di riscaldamento è compreso tra i beni rispetto ai quali opera la cosiddetta presunzione di comunione (art. 1117, n. 3 del Codice Civile).
Quest’ultima opera, però, soltanto per quella parte di impianto che può ritenersi “centrale” e, quindi, comune, cioè la caldaia e le condutture che da essa si dipartono, fino al punto di diramazione delle singole unità immobiliari.
La legge 10/1991 e le ulteriori normative contengono una serie di disposizioni che sono destinate a regolamentare il funzionamento degli impianti centralizzati, la cui gestione è affidata all’amministratore di condominio. Che a sua volta (in base all’art. 1130 c.c.) deve gestire l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse di tutti i condomini.
Riscaldamento centralizzato, i valori della temperatura
L’art. 3 del d.P.R. n. 74/2013 prevede che durante il periodo invernale, la media delle temperature dell’aria (misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare), non superi:
- 18 gradi (+ 2 gradi di tolleranza) per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili;
- 20 gradi (+ 2 gradi di tolleranza) per tutti gli altri edifici.
Le date di accensione del riscaldamento centralizzato
L’art. 4 del d.P.R. n. 74/2013 prevede che gli impianti termici destinati alla climatizzazione degli ambienti invernali siano regolati in modo che, durante il loro funzionamento, non siano superati i valori massimi di temperatura che abbiamo appena visto.
L’accensione degli impianti di riscaldamento è consentita con i seguenti limiti relativi al periodo annuale e alla durata giornaliera di attivazione, articolata anche in due o più sezioni:
- Zona A: 6 ore al giorno dal 1° dicembre al 15 marzo;
- Zona B: 8 ore al giorno dal 1° dicembre al 31 marzo;
- Zona C: 10 ore al giorno dal 15 novembre al 31 marzo;
- Zona D: 12 ore al giorno dal 1° novembre al 15 aprile;
- Zona E: 14 ore al giorno dal 15 ottobre al 15 aprile;
- Zona F: nessuna limitazione.
Questa distinzione in fasce climatiche italiane è stata indispensabile proprio per poter fare una legge per il risparmio energetico che potesse avere gli stessi parametri per tutta Italia. Milano, per esempio, rientra nella Zona E; Bari, invece rientra nella Zona C; non ci sono limitazioni di tempo né orario nella Zona F (province di Cuneo, Belluno e Trento).
Bisogna inoltre ricordare che le delibere del Comune di residenza possono permettere di tenere acceso il termosifone anche più ore di quelle normalmente consentite, nei casi straordinari in cui le temperature invernali siano particolarmente rigide. Naturalmente una delibera del Comune può anche dare il permesso di accendere i riscaldamenti qualche settimana prima, come sta accadendo in Italia proprio in questo freddo.
Al di fuori di tali periodi, gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio e, comunque, con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita in via ordinaria.
Impianto di riscaldamento comune: la ripartizione delle spese
La spesa totale per il servizio di riscaldamento è data dalla somma di una quota di consumo e una quota involontaria.
La quota a consumo è legata al prelievo di calore volontario dell’appartamento ed è sostanzialmente determinata dal livello di temperatura mantenuto nell’appartamento dal singolo condomino. In base a questa, ciascun condomino/conduttore è tenuto a pagare solo quella parte di calore che preleva dai propri termosifoni.
La quota involontaria è, invece, legata al consumo involontario cioè sostanzialmente alle dispersioni dell’impianto.
Premesso ciò, attualmente, con il d.lgs. n. 73/2020 sono stati superati i criteri stabiliti dalle norme Uni 10200 (norma tecnica); così, ora i condomìni possono attribuire ai consumi volontari – quelli cioè rilevati tramite le valvole termostatiche – una quota non inferiore al 50%; di conseguenza, i consumi involontari – quelli cioè derivanti dalle dispersioni di calore dell’impianto – non possono mai superare il 50%
Le percentuali di consumi volontari e involontari
Le percentuali dei consumi volontari e involontari non sono scelte arbitrariamente dall’amministratore, ma occorre convocare un’assemblea straordinaria e votare, sempre nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge e previa redazione di una diagnosi energetica, eseguita sullo stabile da un tecnico autorizzato. Per deliberare occorre la maggioranza prevista dall’articolo 1136, comma terzo, del Codice civile, cioè il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno i 333 millesimi del valore complessivo dell’edificio. Diversamente, come espresso dagli esperti in materia, nel caso in cui il condominio utilizzi la tabella redatta in base ai criteri previsti dalla Uni 10200, per adottare la nuova tabella è necessario il voto della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno i 500 millesimi.
In presenza di una relazione tecnica asseverata, che dimostri differenze di fabbisogno termico per metro quadro superiori al 50% tra le unità immobiliari che costituiscono il condominio, è compito dell’Enea stabilire come ripartire le spese, tenendo conto di fattori quali zona climatica, prestazioni energetiche dell’edificio o ancora l’anno di costruzione dello stabile.
È previsto un sistema di autolettura periodica, con la fatturazione che si baserà sul consumo stimato soltanto nel caso in cui l’utente non abbia provveduto a comunicare i dati.
Ne consegue che i singoli condòmini hanno il diritto di ricevere le informazioni sulla fatturazione o anche solo le letture dei contabilizzatori (che sono solo una parte delle informazioni sulla fatturazione) una volta al mese. Negli stabili il responsabile della fatturazione dei consumi è l’amministratore, con i condòmini che possono scegliere di ricevere le informazioni e le bollette per posta elettronica.