Il danno del conduttore si presume se il locatore non adibisce l’immobile all’uso previsto dopo il rilascio. È fatta salva la possibilità del locatore di superare questa presunzione provando l’assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23269 del 26 luglio 2022.
Accolto il ricorso della conduttrice, alla quale il proprietario aveva chiesto la riconsegna dell’immobile locato alla prima scadenza del contratto, senza poi adibirlo a propria attività professionale.
Non rileva il fatto che la conduttrice abbia avuto tempo sufficiente per trovare un’altra sistemazione. Scatta comunque il risarcimento dei danno, anche se non è provata l’esatta entità dello stesso.
La normativa
L‘art. 28 della legge n. 392 del 1978 (Legge Equo Canone) attribuisce al locatore la facoltà, alla prima scadenza contrattuale, di bloccare il rinnovo della locazione, ma solo se sussistono i motivi indicati nell’art. 29 della stessa legge (adibire l’immobile ad abitazione; adibire l’immobile all’esercizio, di una delle attività commerciale; demolire l’immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro ecc.).
Può capitare talvolta che il locatore abusi di questa facoltà: richiede la riconsegna dell’immobile, ma poi omette di adibirlo all’uso indicato nella disdetta.
In questo caso, per le locazioni commerciali, l’art. 31 della citata legge n. 392/78 prevede delle sanzioni. Stabilisce che il locatore che abusa del diritto a negare il rinnovo della locazione è tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone.
Il caso
La controversia presa in esame riguarda proprio una fattispecie del genere. La conduttrice, titolare di una studio professionale, agiva contro il locatore per ottenere il risarcimento del danno ex art. 31.
Il proprietario, infatti, dopo aver interrotto il rapporto di locazione per destinare l’immobile alla propria attività professionale, non aveva però adibito lo stesso all’uso richiesto entro i sei mesi previsti.
La Corte d’appello di Palermo aveva però negato il risarcimento. Secondo la corte la conduttrice non avrebbe dimostrato che, a seguito della disdetta, fosse stata costretta a prendere in locazione un immobile più ampio di quello precedente, nonostante avesse avuto a disposizione tre anni per cercare un nuovo ufficio. Sicché doveva escludersi la sussistenza di un danno risarcibile.
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La questione
La questione da chiarire riguarda la natura del rimedio previsto dal citato articolo 31. Si tratta di una sanzione che scatta automaticamente contro il proprietario, come sostiene la conduttrice nel suo ricorso? Oppure è un rimedio di carattere risarcitorio, per cui il conduttore deve comunque dimostrare di aver subito un danno?
La Cassazione ha accolto il ricorso della conduttrice.
Duplice natura, sanzionatorie e risarcitoria
La Corte ricorda che, in tema di locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’obbligo in capo al locatore, che abbia ricevuto la riconsegna dell’immobile e non lo abbia adibito, entro sei mesi, all’uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, di risarcire il danno al conduttore ha una duplice natura, risarcitoria e sanzionatoria.
Danno presunto, salva prova contraria
Il contemperamento tra il fine sanzionatorio e quello risarcitorio si realizza mediante la presunzione di sussistenza del danno collegato all’anticipata restituzione dell’immobile.
Danno che il giudice deve liquidare al conduttore in via equitativa, sulla base delle caratteristiche del caso concreto, anche se il conduttore non è in grado di provare la sua precisa entità. È fatta salva la possibilità del locatore di superare questa presunzione provando l’assenza di conseguenze pregiudizievoli per il conduttore.
La soluzione del caso
Nel caso di specie, i giudici d’appello hanno sbagliato, perché non hanno tenuto conto della natura anche sanzionatoria del meccanismo risarcitorio in esame.
Se è pur vero – spiega la Cassazione – che deve sussistere un danno, “tuttavia la regola di giudizio per verificarne la sussistenza che determina la sanzione non impone al conduttore di dimostrare di non averlo potuto evitare. Ne consegue che l’imposizione di un onere come quello ravvisato dalla corte palerminata in ordine alla scelta di un immobile più ampio – la dimostrazione cioè di essere stata costretta a tale scelta – nonostante la conduttrice avesse avuto a disposizione un lungo lasso di tempo (tre anni) non risponde alla stessa logica sanzionatoria che connota la norma in parola”.
Sentenza annullata e giudizio rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame della vicenda.
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