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Il compratore ha diritto al risarcimento dei danni qualora, in sede di stipula del contratto definitivo di compravendita, si accerti che la classe energetica dell’immobile effettiva non è quella dichiarata nell’APE, con conseguente perdita di valore dell’immobile acquistato
Lo ha stabilito il Tribunale di Trani con la sentenza n. 1955 del 30 dicembre 2022.
Il giudice ha condannato i venditore a risarcire l’acquirente per la perdita di valore dell’immobile acquistato, dovuta all’errata classificazione energetica certificata nell’APE in sede di compravendita.
Per il giudice i venditori devono risarcire i danni, anche se non c’è dolo nella loro condotta, in quanto l’errore è stato commesso dal tecnico certificatore.
Attestazione energetica: perché è importante che sia corretta
La vicenda in esame riguarda un’errata attestazione di prestazione energetica (APE), rilasciata in sede di stipula del contratto definitivo.
Nello specifico, Tizio acquistava un immobile in condominio dotato di certificazione energetica di classe “D”. In seguito alla stipula del contratto di compravendita definitivo, l’acquirente veniva a conoscenza di un giudizio pendente tra il Condominio e l’impresa costruttrice, relativa a gravi vizi di costruzione dell’immobile, tra cui, appunto, la diversa classificazione energetica.
Per tale motivo, ha intentato giudizio, chiedendo il risarcimento del danno derivante dal minor valore dell’immobile (interesse differenziale).
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La certificazione energetica è obbligatoria
Il tribunale ha accolto la domanda dell’acquirente.
La certificazione energetica è un documento obbligatorio, da allegare all’atto di compravendita.
Nel caso di specie, all’atto di compravendita era stato allegato l’Attestazione di Prestazione Energetica (A.P.E.) che attestava l’efficienza energetica dell’immobile in classe D, e tanto ha permesso ai venditori di poter vendere l’immobile al prezzo pattuito e al compratore di acquistare un immobile con un valore “energetico” sicuramente ottimale.
Tuttavia, come è emerso nel corso del giudizio, l’A.P.E. rilasciata in sede di compravendita non corrisponde a realtà, in quanto “è stata accertata l’esistenza di una effettiva discrepanza tra l’attestato di certificazione energetica di cui agli atti e la concreta prestazione energetica dell’appartamento in questione”.
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Vendita aliud pro alio: cosa si intende
La questione principale attiene dunque ad una vendita aliud pro alio. Si parla di vendita aliud pro alio “quando viene consegnato un bene completamente diverso da quello pattuito”.
La giurisprudenza è concorde nell’affermare che ricorre l’aliud pro alio non solo quando il bene sia totalmente difforme da quello dovuto e tale diversità sia di importanza fondamentale e determinante nella economia del contratto, ma anche quando la cosa (o meglio l’immobile nel caso di specie) appartenga a un genere del tutto diverso dal bene (Cass. civ. n. 76305 del 31/03/2006).
Inoltre, è configurabile l’aliud pro alio anche quando la cosa consegnata abbia difetti che la rendano inservibile o manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale “funzione economico-sociale”, ovvero a quella che le parti abbiano assunto come essenziale al fine di realizzare il programma negoziale di compravendita (Cass. civ. 4 maggio 2005, n. 92277).
Vizi della compravendita: cosa fare se si scoprono dopo
Ebbene, nel caso in esame la richiesta di risarcimento del danno avanzata da parte attrice è basata sulla dimostrazione della conoscenza dei vizi al momento della sottoscrizione del contratto di compravendita; cioè, vizi derivanti dall’erronea classificazione energetica dell’immobile.
In tema, sussiste il principio secondo cui il venditore non è tenuto all’obbligo specifico di consegnare la cosa priva di vizi, essendo solamente obbligato a garantire il compratore qualora il bene venduto si dimostri viziato (Cass. civ. 3 maggio 2019, n. 11748).
Quindi, presupposto di tale responsabilità è rappresentata dall’imperfetta attuazione del risultato traslativo per la presenza, nella cosa venduta, di vizi che la rendono inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore.
Trattasi, dunque, di una responsabilità che prescinde da ogni giudizio di colpevolezza del venditore e si fonda soltanto sul dato obiettivo dell’esistenza dei vizi.
Ne deriva, pertanto, che la richiesta di risarcimento del danno avanzata da parte attrice, è basata sull’accertata presenza dei vizi riscontrati sulla cosa, che, quindi la rendono inidonea all’uso per cui era destinata.
A.P.E. errata: chi ne è responsabile?
Nel caso di specie, il certificatore è incorso in errore nel determinare la classe di efficienza energetica dell’immobile.
L’esistenza di una tale difformità tra la classe energetica dichiarata nel contratto di compravendita e quella effettiva, dunque, non può essere fatta ricadere esclusivamente sui venditori, in quanto gli stessi hanno dovuto fare ricorso ad un soggetto certificatore terzo che attestasse il livello di efficientamento energetico.
Il tribunale ha quindi escluso una qualsivoglia forma di dolo in capo ai venditori. Ma la loro condotta – osserva il giudice – è comunque assimilabile ad una colpa.
Perdita di valore dell’immobile acquistato e risarcimento danni
La classe energetica inferiore rispetto a quella erroneamente dichiarata nell’A.P.E. ha comportato una perdita di valore dell’immobile acquistato.
Perdita che – afferma il tribunale – deve trovare ristoro. Infatti, “se le parti avessero conosciuto fin dal primo momento la corretta classe energetica avrebbero sicuramente pattuito un prezzo diverso da quello effettivamente pagato”.
Da qui la decisione. Domanda accolta e venditori condannati al risarcimento dei danni a favore dell’acquirente, quantificati in circa 14mila euro oltre Iva.