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Norman Foster, monumento dell’architettura mondiale tanto da essere diventato un’archistar, ha appena compiuto 88 anni e si appresta ad essere celebrato con una mostra a lui dedicata al Centre Pompidou di Parigi.
Chi è Norman Foster
Originario Stockport, alla periferia di Manchester, è cresciuto tra mattoncini rossi, bullismo e povertà. Figlio unico con papà operaio e madre panettiera, termina gli studi per l’architettura con grandi sacrifici, irrefrenabile ambizione e una borsa di studio a Yale dove conobbe il compagno di viaggio dell’intera carriera, Richard Rogers, con il quale iniziò a lavorare tra tanti modelli e prime influenze: Buckminster Fuller, Lloyd-Wright, Le Corbusier, Léger, fino a Sol LeWitt, Boccioni, Brancusi. La sua passione per l’architettura nacque nei sobborghi e dalle locomotive di Manchester, ma soprattutto dalla lettura del fumetto di fantascienza Dan Dare, pilota del futuro sulla rivista Eagle, dove erano presenti edifici iper-tecnologici che lo ispirarono già all’epoca.
Foster si presenta oggigiorno come un un pilastro dell’architettura high-tech, detestata dal tradizionalista re Carlo III, insieme a Renzo Piano, Richard Rogers, Michael Hopkins, Minoru Yamasaki e Santiago Calatrava.
Le sue opere: successi e fallimenti
Tra le sue opere si annoverano il palazzo a “cetriolino” Gherkin della City, l’ex municipio sulla Southbank, il quartier generale di Bloomberg, la paradisiaca “Great Court” nell’atrio principale del British Museum, l’aeroporto Stansted e le “vele” dello Stadio di Wembley, per citare solo alcune delle sue “cattedrali” a Londra.
Persino Foster, estremo sostenitore del modernismo di alluminio, vetro e acciaio, ha dovuto affrontare mezzi fallimenti come la nuova sede della Bbc a Londra affondatagli da Margaret Thatcher o il luccicante ponte Millennium Bridge, che collega la cattedrale di San Paolo alla Tate Modern: all’inaugurazione nel 2000 tremava così tanto che dovettero chiuderlo e risistemarlo per molti mesi ma proprio il palazzo Hsbc a Hong Kong nel 1985 lo salvò dalla bancarotta.
La sua idea di città
Nella sua filosofia, l’architettura cittadina riprende il concetto di “città verticale” con largo spazio per i grattacieli, ma altri punti di interesse sono la mobilità cittadina e la sostenibilità con l’uso di energie pulite. Spiccano anche le collaborazioni con Nasa, Centre for Advanced Nuclear Energy System del Mit di Boston e l’Agenzia Spaziale Europea per sganciare gli edifici dalle fonti di energia cittadine e puntare tutto sul nucleare e rinnovabili. All’ultima Biennale di Architettura di Venezia ha presentato le Essential Homes, un prototipo di casa economica e sostenibile per i rifugiati che supera il concetto di tende utilizzando una tela di cemento e una struttura a griglia che offrono sicurezza e durabilità fino a 20 anni. La sua opera creativa si spinge fino ai progetti per la ricostruzione della città ucraina di Kharkiv.
Secondo la sua visione dobbiamo razionalizzare e ripulire il consumo di energia, ma non ridurlo, altrimenti ci sarebbe regresso e non progresso. La società moderna produce sempre più energia pulita e in questo contesto il nucleare è cruciale, ed è l’unica fonte verde, con una corretta gestione delle scorie, oggi affidabile a disposizione di tutti. Inoltre, possiamo persino trasformare l’acqua marina in carburante e l’obiettivo del raggiungimento delle zero emissioni, soprattutto nelle infrastrutture, lavorando con la natura, è a portata di mano. Nell’aeroporto di Stansted, a Londra, il ricorso alla luce naturale è estremo e così abbiamo ridotto notevolmente il consumo energetico.
Sempre secondo Foster, il goal definitivo della moderna architettura high-tech è riuscire ad unire e ottimizzare tutte le nostre scoperte e tecnologie in un unico sistema, che sia uno smartphone o un edificio.
Crediti immagini di copertina: courtesy of thetimes.co.uk