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La dichiarazione di successione è il documento che gli eredi di un defunto devono presentare al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate in base all’articolo 31 del Decreto Legislativo n. 346 del 1990.
Tramite questa dichiarazione essi, che siano eredi legittimi (quale coniuge, figli, ascendenti o discendenti), oppure eredi nominati tramite un testamento, subentrano come proprietari di quanto posseduto dal defunto, entrandone in possesso e potendo quindi disporre legalmente dei beni ricevuti in eredità.
Omessa dichiarazione di successione: quali sono le conseguenze?
Essa va presentata entro 12 mesi dalla morte e, quindi, dall’apertura della successione, e prevede una serie di adempimenti fiscali, in particolare il pagamento della tassa sulla successione, da saldare poi entro 60 giorni.
L’importo è commisurato al valore dell’eredità e varia in relazione al grado di parentela degli eredi:
- il 4% per coniuge e parenti in linea retta (genitori, nonni, figli, nipoti) per i patrimoni di valore superiore a 1.000.000 euro;
- il 6% per fratelli e sorelle per i patrimoni di valore superiore a 100.000 euro;
- il 6% per gli altri parenti fino al 4° grado (zii, cugini, ecc.) e gli affini fino al 3° grado (suoceri, generi, nuore, ecc.), senza alcuna franchigia;
- l’8% per tutti gli altri soggetti, senza franchigia.
Oltre alla tassa di successione vera e propria, è necessario pagare anche l’imposta ipotecaria e catastale, pari al 3% calcolata solamente sugli immobili che cadono in successione.
L’unico caso in cui la dichiarazione di successione non è obbligatoria è qualora nell’asse ereditario non siano presenti degli immobili e gli eredi siano coniuge e figli.
Leggi anche: CASE IN EREDITÀ E DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE: LA GUIDA
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La dichiarazione di successione va compilata e inviata on-line tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, con un software messo a disposizione dalla stessa.
Può essere presentata personalmente dagli eredi presso gli uffici oppure, per non incorrere in errori di compilazione, è possibile rivolgersi a un Caf o a un professionista abilitato, quale un commercialista, un notaio o un avvocato.
Dal momento che si tratta di una dichiarazione fiscale, l’omessa presentazione entro i termini previsti dalla Legge, cioè entro un anno dalla morte, comporta delle conseguenze: il contribuente sarà soggetto a una sanzione amministrativa pari a un importo variabile dal 120% al 240% dell’imposta da pagare.
Nel caso non sia dovuta alcuna imposta, pari a una quota fissa tra i 250 e i 1000 euro.
Conseguenze dopo 1, 5 e 10 anni
Entriamo nel dettaglio delle sanzioni previste.
Le sanzioni variano a seconda del tempo di ritardo nel pagamento delle imposte:
- Se entro i 14 giorni la sanzione è pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo;
- entro i 30 giorni è del 3%;
- entro i 90 giorni del 3,33%, il pagamento entro un anno prevede una sanzione pari al 3,75%;
- entro 2 anni al 4,29% e oltre i 2 anni sale al 5%.
Naturalmente, oltre a questi importi vengono applicati gli interessi di mora.
Qualora poi non venga presentata la dichiarazione di successione dopo 10 anni dalla morte, l’imposta è accertata e liquidata d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate e deve essere comunque corrisposta.
L’avviso deve essere notificato entro il termine di decadenza di 5 anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa e tale termine vale anche per la dichiarazione di successione sostitutiva o integrativa.
Come procedere con il ravvedimento
Qualora non si è proceduto alla dichiarazione nei termini previsti e una volta superato l’anno dall’apertura della successione, è possibile ravvedersi, cioè decidere spontaneamente di pagare, usufruendo così di agevolazioni sulle sanzioni variabili in relazione al periodo intercorrente tra la data di effettivo versamento e data di scadenza.
Anche per il mancato pagamento dell’imposta ipotecaria e catastale del 3% è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.
Per versare quanto dovuto, occorre utilizzare il Modello F24, indicando i relativi codici tributo.