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Il costo di un mutuo nuovo in Italia, in meno di un anno, è più che raddoppiato.
La rilevazione proviene dalla Banca d’Italia, che da pochi giorni ha pubblicato uno dei suoi supplementi statistici denominato “Banche e moneta, serie nazionali”.
Il Taeg, ossia l’indice sintetico di costo che nei mutui comprende sia il peso del tasso di interesse sia le altre spese accessorie, è stato fissato a febbraio scorso al 4,12%.
Ad aprile 2022 ci si fermava al 2,15%. Questo dato traccia una media dei mutui nel loro complesso, a tasso fisso, variabile o misto, di qualunque durata, ma sempre nell’ambito di mutui di mercato, ossia esclusi operazioni promozionali o mutui legati ad agevolazioni statali.
I dati registrati dalla Banca d’Italia confermano nel complesso quelli diffusi qualche settimana prima dall’Abi, l’associazione delle banche italiane, secondo cui la media dei tassi applicati alle famiglie italiane si assestava a febbraio al 3,79% per i nuovi contratti.
Il dato è più basso rispetto a quello di Bankitalia perché riguarda la sola componente del tasso d’interesse e non il Taeg. In entrambi i casi, si tratta di livelli che non si vedevano dal 2012.
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Volumi in decremento
Al rialzo dei tassi si accompagna anche una riduzione nel volume delle erogazioni.
Infatti, il dato sui volumi di febbraio 2023 si ferma a poco più di 5 miliardi di euro contro i 5,89 del febbraio 2022.
L’analisi viene confermata anche dai dati Istat appena pubblicati, riferiti ancora al terzo trimestre 2022, ma che comunque prendono atto del continuo calo delle erogazioni.
Secondo l’istituto di statistica nazionale, nel periodo luglio-settembre 2022 la stipula di operazioni immobiliari è calata del 5,5% rispetto al trimestre precedente e del 7,4% su base annua. Un raffreddamento, segnala l’Istat, omogeneo su tutto il territorio, considerando che il calo su base annua è così composto:
- Centro -8,7%
- Nord-est -8,2%
- Sud -7,4%
- Nord-ovest -6,6%
- Città metropolitane -8,2%
- Piccoli centri -6,8%
C’è un altro dato interessante, contenuto nello studio della Banca d’Italia, che rispecchia non solo il clima di tassi in rialzo, ma anche di maggior attenzione da parte degli istituti di credito nei criteri e nelle condizioni offerte ai sottoscrittori.
Sul totale delle nuove operazioni di mutuo, il 46% ha un periodo di determinazione iniziale del tasso fino a un anno di durata, mentre nel 54% dei casi si superano anche i 12 mesi.
Con questa espressione si intende la durata massima di quello che comunemente viene detto “tasso di ingresso”. Si tratta in sostanza di quel periodo iniziale in cui le banche propongono un tasso calmierato, che consente di pagare una rata più leggera e dunque è una leva per attirare i clienti, mentre esaurito questo periodo si entra definitivamente nel “tasso a regime”.
A febbraio del 2022, addirittura nell’84% dei casi, questo periodo superava i 12 mesi, segno che le banche stanno progressivamente restringendo la durata di questa fase, così da entrare prima nel campo del “tasso a regime”.
Consumatori in allerta
Il rincaro dei tassi si collega con la stretta monetaria decisa dalla Bce per contenere l’inflazione.
L’istituto di Francoforte, lo scorso 22 marzo, ha portato il tasso di riferimento della Bce al 3,50%, operando un rialzo secco di mezzo punto rispetto al livello precedente.
Di fronte al rincaro dei mutui molte associazioni dei consumatori hanno commentato la situazione, aggiornando le elaborazioni relative al peso delle rate che gravano oggi sui nuclei.
Secondo il Codacons, un mutuo a tasso variabile costa oggi fino a 3.240 euro in più rispetto al 2021. Se si considerano tutti gli incrementi imposti dalla Bce a partire dal 2022, secondo la sigla la rata mensile di un tasso variabile è salita complessivamente tra i 210 e i 270 euro rispetto al 2021.
Secondo l’Unione nazionale dei consumatori, invece, la rata per chi ha sottoscritto ora un mutuo a tasso variabile, aumenta da 585 a 744 euro, con un rincaro pari a 159 euro al mese rispetto a un anno fa.
Oltre due terzi delle famiglie sono proprietarie
Nonostante questo clima, il panorama più generale relativo al mercato italiano non è così grigio.
Il lungo periodo di tassi vicino allo zero e la messa a disposizione di varie misure statali, specialmente quelle a favore dei giovani, hanno permesso in effetti a tanti nuclei di accedere ai finanziamento e dunque di comprare casa.
Già nel dicembre 2022, il Censis aveva scattato una fotografia secondo cui il 70,8% delle famiglie italiane è proprietaria della casa in cui vive e il 28,% di queste ha anche una seconda casa.
In questi giorni, è stato invece redatto un sondaggio elaborato da BVA-Doxa (insieme a Groupama) dove emerge, su un panel di intervistati, che addirittura il 79% delle famiglie è proprietaria dell’abitazione in cui risiede. E un po’ a sorpresa, emerge che nella fascia anagrafica degli “under 38”, già il 38% dichiari di essere proprietario. Fra questi, il 46% ha avuto accesso al credito bancario, il 14% ha fatto affidamento a un aiuto economico dei genitori e c’è una quota consistente (specialmente al Sud) di chi ha ereditato l’abitazione dai genitori o altri parenti.
di Adriano Lovera