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La prestazione energetica degli edifici è ormai un concetto entrato nel lessico comune. Sappiamo che per comprare e vendere casa occorre un’apposita certificazione, ma si fa ancora confusione su numerosi aspetti.
A chi spettano le spese? È sempre necessaria? Non basta utilizzare la certificazione dell’intero palazzo? Ecco le dritte per avere le idee chiare.
Chi paga l’APE: venditore e locatore?
In primo luogo, l’Ape, attestato di prestazione energetica, è necessario per tutti i tipi di trasferimento, sia a titolo oneroso sia gratuito, ed anche per stipulare un contratto di locazione, rispetto a tutti i “fabbricati esistenti”: in altre parole, tutti gli edifici, a prescindere dall’epoca di costruzione, che comportino un consumo energetico.
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In caso di compravendita, la spesa per la redazione dell’Ape spetta al venditore, mentre in caso di affitto, spetta al proprietario.
Nel primo caso, nulla vieta all’acquirente di far redigere una propria attestazione.
Succede, a volte, che il compratore non sia soddisfatto della classe energetica risultante dal documento preparato dal venditore, e voglia togliersi la curiosità di farlo confermare.
L’importante, per il notaio, è che al momento del rogito la documentazione sia completa con almeno un’attestazione.
Le deroghe: quando non è richiesto l’APE in compravendita
Esistono però delle deroghe, riferite a edifici che non necessitano di Ape in caso di compravendita. Tra questi, ci sono i fabbricati agricoli non residenziali, a patto che siano sprovvisti di climatizzazione.
Poi, non ci vuole per box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi e comunque per tutti quelli che non rientrano nell’art. 3, D.P.R. 26/08/1993, n. 412, ossia la legge che definisce gli immobili responsabili di consumare energia.
Non serve anche per quelli definiti come “fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati”.
D’altro canto, esistono degli edifici per i quali è obbligatorio produrre un Ape, anche senza che sia in vista una compravendita da registrare dal notaio.
In questo caso, si tratta degli edifici di nuova costruzione, dove in pratica il costruttore è obbligato a far realizzare l’attestazione in virtù della denuncia di inizio attività di cantiere, e dove il documento deve essere disponibile anche, in teoria, quando non è stato venduto neppure un appartamento.
Poi è richiesto l’Ape anche in caso di ristrutturazioni importanti, ossia interventi edilizi (di manutenzione ordinaria, straordinaria o risanamento conservativo) che insistono su oltre il 25% della superficie dell’involucro dell’intero edificio.
Ma qual è l’Ape corretto?
Come si calcola l’APE
Secondo la normativa attuale, l’attestazione è sempre riferita a una singola unità immobiliare. E questo è coerente, poiché la classe energetica può essere diversa fra due unità poste nello stesso condominio, con la stessa fonte di riscaldamento, uguali per superficie e numero di vani, magari anche allo stesso piano.
È sufficiente che una sia dotata di climatizzatore e l’altra no, o che in una siano stati installate finestre o altri infissi ad alta efficienza (qui conta l’indice di trasmittanza), mentre l’altra conservi ancora le vecchie finestre. Perché, allora, in tanti si chiedono perché non sia possa risparmiare la spesa e utilizzare l’Ape del condominio?
L’APE per gli sgravi edilizi
L’attestato di condominio è il cosiddetto APE convenzionale, un’attestazione che viene utilizzata solo in un caso, per la pratica del Superbonus. Come spiegano le linee guida dell’Enea, l’Ape convenzionale presenta alcune differenze rispetto a quello usato per compravendite e locazioni.
In primo luogo, più che certificare lo stato dell’arte di un edificio, serve a dimostrare il miglioramento di due classi risultante dagli interventi, ai fini della richiesta di incentivo. Poi, come detto, viene redatto per l’intero edificio.
Il suo risultato, come si legge nel riferimento normativo (punto 12 allegato A) deriva proprio dalla media dei singoli appartamenti: “Si calcola a partire dagli indici di prestazione energetica delle singole unità immobiliari e si determina calcolando la somma dei prodotti dei corrispondenti indici delle singole unità per la loro superficie utile e dividendo il risultato per la superficie complessiva”.
Questo non significa, però, che ciascun condomino abbia in mano un attestato, buono per una compravendita. Il documento apposito andrà comunque poi fatto preparare.
Un altro elemento di differenza riguarda il tecnico abilitato. Nelle compravendite, viene richiesta indipendenza e imparzialità di giudizio mentre per il Superbonus, il professionista che firma l’attestazione può anche essere lo stesso direttore dei lavori dell’impresa incaricata.
Quest’ultima è una differenza piuttosto teorica, perché anche nelle compravendite il tecnico di solito viene messo a disposizione dall’agenzia immobiliare, dall’amministratore di condominio, o comunque si tratta di un professionista che non ha interesse a rallentare eccessivamente la procedura. In ogni caso, è un elemento di cui tenere conto. Per esempio, affidare l’Ape a un parente del venditore potrebbe essere un punto messo in discussione dal notaio o dall’acquirente finale.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.