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Con la legge di bilancio 2023, il bonus del 75% per l’eliminazione delle barriere architettoniche è stato prorogato fino al 2023.
Ancora oggi è infatti molto comune imbattersi in attività di ristorazione che hanno sede in un condominio e che non presentano un accesso adeguato per i portatori di handicap.
A chi viene attribuita la responsabilità in questi casi? Vediamo cosa prevede la legge a riguardo, partendo da un caso reale.
Barriere architettoniche: cosa prevede la legge?
Nei casi di assenza di un accesso adeguato per i disabili, viene da chiedersi se la responsabilità sia da attribuire al proprietario del locale.
Il D.M. n. 239 del 1989 prevede che gli edifici privati, residenziali e non, e di edilizia residenziale pubblica garantiscano l’accesso ai fini del superamento delle barriere architettoniche.
Il decreto, tuttavia, circoscrive l’ambito della sua applicazione agli edifici costruiti dopo il 14 giugno 1989.
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Barriere architettoniche: il caso giudiziario
Per capirci di più, prendiamo in esempio un caso giudiziario di qualche anno fa che coinvolgeva un locale costruito negli anni ’40 al primo piano di un palazzo condominiale.
Per accedere all’attività era necessario, infatti, percorrere un breve un percorso, servendosi di una rampa di scale e di un ascensore.
Sottoposta a diversi controlli, nel corso degli anni le autorità competenti non avevano mai registrato alcuna irregolarità.
Dopo tre mesi, invece, il Comune aveva avviato un nuovo procedimento che imponeva la chiusura dell’attività visto il mancato rispetto della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche.
A seguito di un ricorso per l’annullamento della sentenza, però, la questione era stata portata davanti al Consiglio di Stato, che aveva appunto sottolineato l’esclusione dal Decreto dei locali costruiti dopo il 1989. Di conseguenza, l’ordinanza comunale è stata annullata.