Indice dei contenuti
La fiammata dei prezzi che sta caratterizzando il 2022 sta diventando il tema di punta degli ultimi mesi, che porta con sé diversi riflessi anche a livello di mercato immobiliare.
Uno di questi riguarda il rincaro degli affitti, dal momento che molti contratti di locazione contengono un meccanismo di adeguamento del canone, proporzionale all’indice dell’inflazione calcolato dall’Istat.
Affitti più cari: quando l’aumento scatta al rinnovo annuale
In primo luogo, occorre dire che il problema riguarda solo quegli affittuari, nel cui contratti d’affitto viene esplicitata per iscritto questa formula. Se il contratto non richiama questo meccanismo, il proprietario non può imporlo.
Inoltre, l’adeguamento scatta dal mese successivo rispetto a un rinnovo annuale (in altre parole, non a gennaio 2023, da calendario, ma quando è passato un anno o un suo multiplo di 12 mesi dall’inizio).
Il rincaro viene applicato in proporzione, rispetto all’indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati (indice Foi), che nel mese di agosto, ultimo dato pubblicato, ha subito un ulteriore rincaro dello 0,8% su base mensile. Ma se contiamo dall’inizio dell’anno siamo oltre l’8%. E, infatti, l’adeguamento del canone prende in considerazione i 12 mesi precedenti.
Leggi anche: TUTTO SUI CONTRATTI D’AFFITTO
Di quanto rincara il canone mensile?
Anche in questo caso, deve essere scritto sul contratto. Ma come prassi, l’affitto cresce del 100% rispetto al rincaro Istat per i contratti a canone libero 4+4, mentre sale di una percentuale pari al 75% dell’indice per quelli a canone concordato 3+2.
Di conseguenza, stando all’ultima rilevazione Istat, oggi la rivalutazione del canone che prende in considerazione il 100% dell’inflazione sarebbe dell’8,1%, mentre l’altra si fermerebbe al 6,075%.
In termini pratici, secondo alcune simulazioni, nelle grandi città gli inquilini si troverebbero a far fronte a rincari compresi in media fra 30 e 60 euro al mese.
Va ricordato, inoltre, che per legge l’adeguamento Istat è vietato per quegli inquilini che hanno scelto di applicare la cedolare secca sull’affitto.
Inoltre, se anche il proprietario si dimenticasse di richiedere formalmente l’adeguamento del canone, l’affittuario deve sapere che è facoltà del locatore richiedere gli arretrati addirittura entro 5 anni.
L’allarme del mondo del commercio
E se le famiglie sono in prima linea nel fronteggiare i rincari, compreso appunto quelli degli affitti, a tremare sono anche tutte le attività commerciali.
L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dall’associazione di categoria Confimprese.
Secondo la sigla, l’impatto dell’inflazione, l’aumento dell’energia e di tutte le principali voci di spesa (trasporti, personale, materie prime, ecc.) stanno aggravando la sofferenza dei negozi, già provati dagli anni precedenti di Covid.
Il canone che i negozianti pagano ai proprietari, sia nelle strade sia nei centri commerciali, è una voce di costo importante, che deve restare in equilibrio per non mandare all’aria i conti.
In questo contesto, registra Confimprese, il peso degli affitti sul giro d’affari è già passato indicativamente dal 18% al 22,2% nel settore abbigliamento e dal 12 al 13% circa nella ristorazione.
Se vogliamo evitare la chiusura di punti vendita e il conseguente ridimensionamento dell’occupazione, il Governo deve intervenire subito, sull’esempio di quanto fatto con il DL.95\2012 per la pubblica amministrazione, quando l’aggiornamento Istat dei canoni di locazione era stato congelato per dieci anni.
Ha dichiarato Mario Resca, presidente di Confimprese
Il tema, in effetti, sta mettendo in allerta il commercio anche a livello internazionale. E occorre dire che alcuni Paesi hanno già preso provvedimenti.
La Francia è stato uno dei più reattivi. Con una legge dello scorso 16 agosto, è stato stabilito che qualunque aumento di canone d’affitto, derivante dall’inflazione, non potrà comunque superare il 3,5%, fino a giugno del 2023.
Lo stesso ha fatto Madrid, che ha approvato un pacchetto di aiuti per le famiglie, che comprende un tetto massimo degli aumenti degli affitti del 2%, fino a dicembre 2022, esteso anche alle attività commerciali.
Manca un tassello legislativo
Tornando in Italia, la sigla di categoria degli imprenditori del commercio chiede un intervento del Parlamento, affinché si modifichino alla base alcune delle norme che regolano il mondo degli affitti.
Oggi, infatti, non esiste un principio che sancisca un obbligo generale di rinegoziazione dei contratti, qualora si verifichino eventi incontrollabili, che finiscano per alterare in modo sostanziale le condizioni pattuite. E il canone è il più importante di queste.
Il nostro codice civile (art. 1467) consente di estinguere in anticipo un contratto d’affitto per una “eccessiva onerosità sopravvenuta, ossia quando il canone diventa improvvisamente insostenibile. Ma questo risulta controproducente e di fatto impraticabile per gli operatori commerciali, che avrebbero così il diritto di lasciare i vecchi locali senza penali, ma dovrebbero cercare in fretta e furia un nuovo affitto e una nuova sistemazione.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.