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Per i titolari di un mutuo a tasso variabile, la primavera del 2023 porterà ancora preoccupazioni. Con ogni probabilità, durante la riunione della Banca centrale europea del prossimo 16 marzo, verrà deciso un nuovo innalzamento dei tassi di interesse.
Un altro ritocco all’insù di mezzo punto percentuale. E questo dovrebbe comportare nuovi rincari delle rate mensile, sui mutui a tasso variabile.
Inflazione: le azioni della Bce per abbatterla
L’inflazione è “un mostro da abbattere” ha affermato nel corso di un’intervista Christine Lagarde, presidente della Bce. E, proprio per tenere a bada l’aumento dei prezzi, dovrebbe arrivare questa nuova stretta monetaria.
“È molto probabile che aumenteremo i tassi di interesse di 50 punti base. Questa decisione è stata indicata nell’ultima riunione di politica monetaria e tutti i numeri che abbiamo visto negli ultimi giorni confermano che il rialzo dei tassi è molto, molto probabile”, ha affermato nel dettaglio la presidente.
“Non posso dirvi a che livello arriveranno i tassi. So che saranno più alti di quelli attuali e abbiamo ancora molto lavoro da fare perché non possiamo dichiarare vittoria. Stiamo facendo progressi, ma abbiamo ancora del lavoro da fare”, ha aggiunto Lagarde, ricordando come uno degli obiettivi della Bce sia di mantenere l’inflazione non oltre il 2% annuo.
Un livello che, per molto tempo, non era mai stato toccato. Salvo la fiammata del 2022, che secondo le ultime rilevazioni di Eurostat ha comportato un’inflazione in crescita, su base annua, di oltre l’8%, nei Paesi della moneta unica.
Qual è il riflesso sui mutui?
I riflessi sull’Euribor
Bisogna ricordare che l’aumento del tasso di interesse della Bce non ha un impatto diretto sui mutui. Questo avviene solo sui contratti di finanziamento, e sono rari, che prendono come riferimento il tasso Bce.
Ma la maggior parte dei mutui a rata variabile è agganciata all’Euribor, che tecnicamente è il tasso medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee.
Detto ancora più letteralmente, la media con cui le banche europee si prestano soldi tra loro. Il movimento dell’Euribor, di solito, anticipa le mosse della Bce, quindi questo potrebbe già aver scontato parte del rialzo, ma senz’altro negli ultimi tempi si è mosso in linea con il tasso Bce.
Uno degli indici più usati, l’Euribor a 3 mesi, un anno fa aveva addirittura un valore negativo, intorno a -0,50%. Oggi è intorno al 2,8%. Dunque è cresciuto di oltre il 3%.
È proprio la stessa parabola del tasso di riferimento Bce, che per molti anni è stato fermo a zero, per poi salire al 3 nel giro di poco, ossia da luglio 2022 a oggi. E, come anticipato, toccherà da metà marzo il 3,50%.
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Nuovo rincaro delle rate dei mutui: simulazioni sui costi
Il Codacons, in questi giorni, ha effettuato alcune simulazioni sull’effetto che questi movimenti comportano sui finanziamenti. Rispetto alle nuove richieste, se soltanto a settembre 2021, chi chiedeva un mutuo variabile poteva trovarsi di fronte a offerte con un Taeg compreso fra 0,4% e 1%, a seconda dell’importo e della durata, oggi occorre ipotizzare un Taeg superiore di almeno 3 punti.
Mentre, per quanto riguarda i mutui già in corso, l’associazione a difesa dei consumatori aveva tracciato un quadro a inizio febbraio, in occasione del precedente rialzo del costo del denaro in Europa, anche questa volta dello 0,50%.
Quella mossa, in media, era costata circa 30/40 euro in più a rata mensile, per la maggior parte degli italiani titolari di un finanziamento a tasso variabile. E considerando tutti gli incrementi imposti dalla Bce a partire dall’estate scorsa, si calcola che rispetto al 2021 gli italiani abbiano pagato tra 180 e 230 euro in più al mese.
Un bel salasso, capace di far saltare gli equilibri della propria finanza domestica. Che fare?
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Rinegoziare il mutuo conviene?
Un’arma nelle mani dei risparmiatori è quella di rinegoziare il mutuo, ossia chiedere alla banca di rivedere il contratto in senso più favorevole, o comunque con un passaggio al tasso fisso che almeno mette al riparo da altre emergenza in futuro.
Una norma contenuta nell’ultima legge di Bilancio obbliga le banche a concedere la rinegoziazione, ancora per tutto il 2023 e senza costi aggiuntivi, a chi abbia in corso un mutuo da meno di 200.000 euro di importo, un Isee al di sotto dei 35.000 euro e sia regolare finora con i pagamenti.
Per tutti gli altri, la rinegoziazione è una facoltà, ma non un obbligo, che la banca può concedere.
Uno strumento pubblico, gestito dalla Consap, è il Fondo di sospensione dei mutui prima casa, che permette in casi particolari, coma la perdita temporanea del lavoro, di sospendere i pagamenti delle rate.
Un’altra possibilità è data dalla surroga, detta anche “portabilità del mutuo”, che permette ai privati di cambiare banca senza costi, accettando l’offerta di un nuovo istituto.
In questo caso, occorre prestare attenzione, perché il tasso fisso, almeno in partenza, è sempre più costoso rispetto al variabile. Per cui, accettando un’offerta a tasso fisso di oggi, è molto improbabile ottenere uno sconto rispetto alla rata mensile, ma si otterrebbe sempre e solo il vantaggio di essere al riparo rispetto ad ulteriori aumenti futuri.
Su questi aspetti, diverse sigle dei consumatori si aspettavano un intervento diretto della Bce che mettesse per legge un tetto ai rincari dei tassi.
Ma così non sarà. La presidente Christine Lagarde ha detto che questi sono aspetti privati che rientrano nel rapporto tra debitore e banca. Ha però lanciato un invito al mercato, sostenendo di essere sicura “che molte banche sono pronte a riconsiderare le condizioni del prestito. E non per beneficenza ma perché nel loro interesse avere debitori sani”.
di Adriano Lovera