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Prosegue l’iter europeo per l’approvazione della direttiva “case green”, con cui si vogliono ridurre a zero le emissioni degli edifici.
Secondo il testo licenziato dal Parlamento europeo, non ancora definitivo, gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033.
Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici, il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
A partire dal 2028, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Per i nuovi edifici occupati, gestiti o di proprietà delle autorità pubbliche, la scadenza è fissata al 2026.
L’obiettivo è quello di ridurre le emissioni di gas a effetto serra ed il consumo energetico nel settore entro il 2030, al fine di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
La stretta sui bonus edilizi
Per realizzare tale ambizioso obiettivo, tuttavia, sono necessarie misure di sostegno da parte degli Stati membri che incentivino la sostituzione degli impianti alimentati a combustibili fossili, per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici, così da favorire l’installazione di nuovi impianti ibridi (pompa di calore e caldaia a condensazione) ed alimentati con combustibili rinnovabili (come l’idrogeno o il biometano).
Secondo la direttiva, ciò contribuirà altresì a ridurre la dipendenza dell’Unione dalle importazioni da paesi terzi, ad abbassare le bollette energetiche dei cittadini e la loro vulnerabilità alle fluttuazioni dei prezzi.
L’aspetto economico non è di secondaria importanza, se si considera come la guerra tra Russia ed Ucraina abbia portato ad aumenti esponenziali del gas naturale (ad agosto 2022, il prezzo era oltre i 200 €/MWh, contro valori inferiori ai 10 €/MWh rispetto all’agosto 2020).
Ma soprattutto, la direttiva vuole arrestare il superamento dei valori limite dell’inquinamento atmosferico.
In particolare, dunque, per eliminare gradualmente i combustibili fossili negli impianti di riscaldamento e raffrescamento, la direttiva imporrà agli Stati membri di offrire incentivi finanziari per l’installazione di tali impianti: solo per le altre tecnologie – ibride o ad energie rinnovabili – saranno consentite le agevolazioni.
L’esempio delle caldaie a idrogeno
Prendiamo ad esempio la caldaia a idrogeno come impianto che, nel prossimo futuro, potrà essere destinatario degli incentivi promessi.
In particolare, secondo alcuni studi, l’alimentazione ad idrogeno riesce a garantire la stessa efficienza dei sistemi tradizionali, rispettando l’ambiente ovvero senza produrre emissioni di ossidi di carbonio.
In particolare, tali sistemi di riscaldamento si basano sulla scissione dell’idrogeno dall’acqua, che avviene nelle celle di combustione, con un processo che genera vapore ed energia termica.
Tali impianti non sono collegati alla rete del gas ma a quella idrica.
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Attenzione alle deroghe
La direttiva, tuttavia, lascia uno spiraglio agli Stati membri nel senso di rimettere loro la decisione di limitare l’ambito applicativo.
In particolare, si prevede la possibilità di escludere dall’applicazione delle disposizioni della direttiva gli edifici protetti di particolare pregio storico e architettonico, i luoghi di culto, le seconde case, gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 metri quadri.
di Agostino Sola