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In un mondo in cui la stragrande maggioranza delle spese relative alla vita domestica viene sostenuta agganciando il numero del proprio conto corrente al servizio desiderato (la cosiddetta domiciliazione bancaria, che permette a soggetti terzi di incassare, in automatico, la cifra concordata con il cliente), ecco che il numero di sottoscrizioni e abbonamenti tende a crescere in maniera esponenziale per le famiglie di tutta Italia.
I vantaggi della domiciliazione
Partendo da quelle a cui proprio non si può rinunciare, sono ormai pochissimi gli individui che ancora esigono di ricevere a casa il bollettino con le fatture di luce e gas, desiderosi di recarsi personalmente allo sportello per pagare le spese. Ormai, per quasi tutti, il costo delle utenze viene sostenuto inserendo i propri estremi nel contratto iniziale, senza bisogno di altri passaggi successivi.
Cos’è la “subscription economy” e quanto impatta sulle famiglie italiane
Ma quella che oggi tutti gli esperti chiamano “subscription economy” non è fatta solo di grandi cifre prelevate per le esigenze di vita quotidiana. Anzi, la fetta più importante di questo business contemporaneo la compongono le micro spese che ci concediamo di fare per cose ritenute di poco valore.
Abbonamenti a piattaforme TV e streaming, rate pattuite per l’acquisto di telefoni e tablet (a braccetto con l’apertura di nuovi contratti con le compagnie telefoniche, cui va versato un compenso mensile), passando per il modem per la rete wifi e arrivando fino alle rate per elettrodomestici di ultima generazione, mobili di antiquariato e autovetture dotate di ogni confort.
Sottoscrizioni, contratti, abbonamenti: quanto spendiamo in media ogni mese
Nell’ultimo decennio questo semplicissimo sistema ha coinvolto tutti, a macchia d’olio, quanto meno nelle società occidentali. Ogni qualvolta risulti possibile, le famiglie e le coppie di oggi cercano di fissare un nuovo “appuntamento mensile” per diluire i pagamenti nel tempo.
Una scelta che possono permettersi gli individui più agiati, ma che rischia di pesare come un macigno (senza accorgersene) sulle finanze dei nuclei più in difficoltà. Secondo le ultime stime rielaborate dalle associazioni di categoria, complessivamente, si va da un minimo di circa 500 euro al mese (per un totale di 6mila euro l’anno) fino ad un massimo di 725 euro ogni 30 giorni (che, nell’arco di dodici mesi, fanno 8.700 euro l’anno). Di questi, ci sono in media 80 euro – che in quattro stagioni fanno 960 euro l’anno – per il pagamento dei servizi di streaming.