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È legittima la doppia esenzione IMU da abitazione principale a vantaggio sia del coniuge residente nel comune parte in causa, che del coniuge residente in altro Comune per motivi di lavoro.
Lo ha ribadito la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Regione Abruzzo con la sentenza n. 655/6 del 3 novembre 2022.
I giudici hanno applicato la sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale, con la quale è stata riscritta la definizione di abitazione principale, intesa come il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia.
Nucleo familiare in due case: doppia esenzione per l’IMU
I giudici hanno applicato la sentenza n. 209/2022 della Corte Costituzionale, con la quale è stata riscritta la definizione di abitazione principale, intesa come il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia.
Di conseguenza, è legittima l’esenzione dall’IMU per l’abitazione adibita a dimora principale anche nelle ipotesi di scissione del nucleo familiare, sia all’interno dello stesso territorio comunale, sia in Comuni diversi.
Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di cui al D.L. n. 201 del 2011, non è più possibile (come avveniva in passato) escludere dal beneficio fiscale i coniugi con residenze diverse, in base all’obbligo di coabitazione stabilito dall’art. 143 del codice civile.
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Il fatto
La vicenda riguardava la spettanza dell’agevolazione IMU per la casa adibita ad abitazione principale.
Alla contribuente, infatti, il comune aveva contestato l’omesso versamento della 1^ e 2^ rata dell’IMU relativa all’anno 2015. Da verifiche effettuate era emersa l’insussistenza del presupposto per il riconoscimento dell’esenzione IMU da abitazione principale, costituito dalla residenza anagrafica e dalla dimora abituale della contribuente e della sua famiglia all’interno dell’immobile di proprietà della predetta contribuente.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento. Il ricorso, però, veniva rigetto dalla CTP di Chieti. Secondo i giudici, la ricorrente era residente nel comune A dal 1977, mentre il coniuge era residente nel comune B e che, dovendosi dedurre che dopo il matrimonio celebrato nel 1981, la residenza coniugale fosse nel comune B, la ricorrente avrebbe dovuto provare, ma non l’aveva fatto, l’effettiva necessità del trasferimento nel comune A presso l’abitazione di sua proprietà e non quella del coniuge di mantenere la residenza nel comune B per esigenze di lavoro.
Quando non si paga l’IMU
Nel caso di specie viene in rilievo la disposizione di cui all’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, che prevedeva che “Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile“.
Orbene, sulla questione è intervenuta la Corte costituzionale che, con la recente sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 13, riscrivendo, in buona sostanza, la definizione di abitazione principale, definendola: “il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia, così legittimando l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) per l’abitazione adibita a dimora principale anche nelle ipotesi di scissione del nucleo familiare sia all’interno dello stesso territorio comunale sia in Comuni diversi”.
Dunque, anche i coniugi con residenza disgiunta possono usufruire del beneficio fiscale prima casa. Tale beneficio infatti, non può essere negato:
- Né in base l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 del codice civile, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte.
- Né a in base alle norme sulla “residenza familiare” dei coniugi (art. 144 cod. civ.) o “comune” degli uniti civilmente (art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76.
Peraltro, il secondo comma dell’art. 45 cod. civ., contemplando l’ipotesi di residenze disgiunte, conferma la possibilità per i genitori di avere una propria residenza personale.
L’art. 13 del D.L. 201/2011 dichiarato illegittimo, attraverso il riferimento al nucleo familiare, finiva per determinare il venir meno del beneficio, “deteriorando così, in senso discriminatorio, la logica che consente al singolo o ai conviventi di fatto di godere pro capite delle esenzioni per i rispettivi immobili dove si realizza il requisito della dimora e della residenza abituale“.
La decisione
Applicando i principi della Consulta al caso di specie, La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo ha dunque accolto il ricorso e, in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato l’avviso di accertamento impugnato con integrale compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.