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Sarà un chatbot, in futuro, a decidere se possiamo ottenere il mutuo? Lo scenario sembra fantasioso, ma non è del tutto irreale. Anzi, già oggi i software ci mettono lo zampino nella selezione dei potenziali clienti.
Le grandi banche dati, come Crif o Experian, che tengono in memoria la nostra storia creditizia (in pratica, se i prestiti in passato sono stati pagati regolarmente) sono solo la base di questa attività.
Basta una rapida ricerca in rete per vedere come grandi gruppi informatici, da Sas a Reply, offrano sistemi di “credit scoring” basati sull’intelligenza artificiale. Quindi?
Il dibattito sull’intelligenza artificiale
Di intelligenza artificiale, del suo potenziale straordinario e dei suoi rischi, si dibatte da molto, ma la IA è anche in cima ai temi di politica comunitaria.
A inizio dicembre, infatti, Parlamento e Consiglio europeo hanno finalmente raggiunto un accordo provvisorio sul cosiddetto Artificial Intelligence Act, un testo che dovrà diventare un Regolamento, che mira a garantire i diritti fondamentali dei cittadini, per proteggerli appunto dai potenziali rischi dell’IA.
Anche le banche sono coinvolte; in un’intervista alla BBC di qualche mese fa, la commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager ( che ha nel suo incarico la supervisione su un corretto sviluppo del digitale) ha citato proprio l’erogazione dei mutui come un terreno in cui l’uso eccessivo di modelli automatici potrebbe portare a discriminazioni, nel processo di selezione dei clienti che richiedono un mutuo.
Si tratta di casi che in realtà, secondo alcuni studi, e specialmente nel mercato statunitense, si sono già verificati.
Un po’ di esempi
Per fare qualche esempio, un software, solo sulla base di un codice di avviamento postale, potrebbe suggerire alla banca che il richiedente vive in un sobborgo di un quartiere popolare e in automatico assegnargli un punteggio più basso, considerandolo in altre parole meno affidabile rispetto a un altro.
Oppure, i modelli informatici possono svantaggiare i cittadini che appartengono a particolari gruppi etnici (specialmente in USA). Tuttavia, ci sono anche letture più estreme: l’intelligenza artificiale potrebbe scrutare la nostra affidabilità creditizia persino sulla base di quanto scriviamo o commentiamo sui social network.
Il tema è stato approfondito in uno dei “Quaderni” pubblicati dalla Banca d’Italia, chiamato “Intelligenza artificiale nel credit scoring. Analisi di alcune esperienze nel sistema finanziario italiano”. Analizzando i sistemi utilizzati da dieci banche e istituti finanziari (attivi nella concessione di prestiti e mutui sia ai privati sia alle aziende) è emerso che i metodi di intelligenza artificiale nella valutazione del rischio di credito non sono ancora largamente diffusi, ma comunque in espansione.
Questi modelli restituiscono veri e propri “punteggi”, a supporto della valutazione del merito creditizio da parte degli analisti (umani), responsabili della decisione finale. Su quali dati lavora il l’intelligenza artificiale, per produrre il giudizio?
Nella maggioranza dei casi, dati di tipo finanziario derivanti da fonti interne o acquistati da fornitori di analytics; è diffuso il ricorso a dati sulle movimentazioni del conto corrente, provenienti anche da open banking. Risulta estremamente limitato, invece, l’uso di dati tratti dal web e da social media.
Dove si applicano gli algoritmi
Gli algoritmi sono applicati in diverse fasi del processo di gestione del rischio di credito:
- il 58%nella fase di concessione;
- il 26% nel monitoraggio dei crediti;
- il 16% in altre attività (definizione del pricing, determinazione delle rettifiche di valore, recupero dei crediti o altre attività svolte da funzioni di controllo interno).
Inoltre, il 61% dei modelli risulta già in uso presso gli intermediari, il 13% è in fase di sperimentazione, mentre il 26% ancora in studio o sviluppo.
Il quadro normativo
Le leggi europee e quelle nazionali, che regolano il funzionamento delle banche, sono piene di codici che invitano alla cautela e al rispetto della privacy nell’analisi del rischio di credito, dalle linee guide dell’EBA (Autorità Bancaria Europea) fino al T.U.B (Testo Unico Bancario), norma di riferimento per le banche italiane. In realtà, non esistono ancora accenni specifici sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Di sicuro, però, è un terreno in forte espansione. Anche quando non riguarda il credit scoring, l’intelligenza artificiale viene sempre più chiamata in causa nel processo di erogazione dei mutui, per la sua capacità di digitalizzazione, automatizzare e dunque rendere più veloce l’iter.
Non è un caso se persino un colosso come Google, fra i suoi “prodotti”, ne ha uno chiamato appunto “Document AI per il mutuo casa”. Ma il colosso di Mountain View non è certo il solo ad ammiccare le banche con proposte digitali basate sul sistema.
Quanto ai clienti, con o senza IA, il problema di ottenere il mutuo resta, collegato alla stretta creditizia decisa dalla BCE (Banca centrale europea), che nel corso del 2023 ha determinato una contrazione nell’erogazione di mutui di circa il 29% rispetto al 2022.
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