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Ti appresti a vendere casa? Hai fatto una ristrutturazione parziale o totale? Allora, probabilmente ti imbatterai nella necessità di dover adeguare la piantina catastale al nuovo stato dei luoghi.
Infatti, la legge prevede che, quando ci si rivolge ad un notaio per la stipula di un atto di compravendita, il professionista deve accertare la corrispondenza tra la planimetria esistente in Catasto e lo stato di fatto del bene, pena la nullità dell’atto (comma 1-bis art. 29 L. 52/1985, novellata dall’art. 19, comma 14, del decreto legge n. 78/2010 dalla legge di conversione n. 122 del 2010).
Inoltre, la stessa necessità di adeguare la piantina allo stato di fatto vi è anche quando si intendono effettuare dei lavori di ristrutturazione che, di fatto, modificano l’immobile.
A ciò si aggiunga che sono frequenti i casi in cui viene accertata la non corrispondenza tra la planimetria catastale e lo stato di fatto di un immobile, in particolare con riferimento a beni pervenuti da donazioni o da lasciti ereditari antecedenti al 2010 in quanto, all’epoca, non vigeva ancora l’obbligo di verifica della conformità da parte del notaio.
Ciò detto, nel caso dovessi incorrere in una di queste ipotesi, ti starai chiedendo: cosa bisogna fare? La risposta é: dipende dalla difformità, in quanto esiste una soluzione diversa a seconda se si tratti di una differenza di piccola entità o di più rilevante.
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Cos’è una planimetria catastale
Partiamo da un concetto semplice quanto importante. Che cos’è la planimetria catastale? È un disegno tecnico, rappresentato in scala, relativo ad una unità immobiliare registrata in Catasto, dal quale è possibile evincere la dislocazione interna dei vani nonché altri dati come le aperture interne ed esterne, le altezze e la destinazione d’uso dei locali.
Ogni qualvolta interviene una modifica, sia essa di diversa distribuzione interna degli spazi, oppure la divisione o fusione di due unità immobiliari, o il cambio di destinazione d’uso (ad esempio da negozio ad abitazione o viceversa), il proprietario deve aggiornare la planimetria al Catasto per allinearla alla reale situazione, attraverso la c.d. “variazione catastale”.
Piccola difformità catastale: cosa succede?
Se la discordanza è di lieve entità, occorre fare riferimento a quanto previsto nelle Circolare ex Agenzia del Territorio n. 2/2010 e n. 3/2010, nelle quali si precisa che non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità.
Sembrerebbe quindi esistere una “tolleranza catastale”, cioè casi in cui certe discordanze siano escluse dall’obbligo di dichiarazione di variazione (punto e) paragrafo 3 Circolare n. 2/2010. In generale, si considerano lievi difformità le variazioni che non comportano una modifica della rendita catastale.
Difformità rilevanti: quando?
Diverso è il caso in cui le difformità siano rilevanti. Si prenda ad esempio un appartamento che è stato completamente ristrutturato, cambiandone sia la disposizione sia il numero dei vani. Un esempio pratico è la creazione di un ripostiglio o di un open space.
Se questi lavori sono stati autorizzati dal Comune mediante l’apposito titolo abilitativo, ma non è stata modificata la planimetria catastale, occorre effettuare una variazione.
Non conformità urbanistica: cosa significa?
Ultimo caso possibile è quello di un immobile nel quale sono stati eseguiti dei lavori senza l’apposito titolo abilitativo comunale mentre la planimetria presente in Catasto è stata aggiornata.
Al fine di eliminare la difformità urbanistica, il tecnico deve presentare solo la pratica in sanatoria agli uffici comunali competenti.
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Conformità catastale e conformità urbanistica non sono la stessa cosa
Non da ultimo occorre evidenziare che la conformità catastale, (riproduzione grafica dello stato dei luoghi depositata al Catasto), è un concetto diverso dalla conformità urbanistica (rispetto delle leggi ed i regolamenti in materia edilizia per quel dato intervento).
Ed infatti potrebbe accadere che la planimetria catastale possa essere sì conforme allo stato dei luoghi, ma raffigurante uno stato illegittimo testimoniante un abuso edilizio.
Sul punto, è opportuno sottolineare la responsabilità professionale connessa a simili operazioni che potrebbero scaturire a carico del tecnico che ha redatto e depositato la planimetria al Catasto, poiché, infatti, la planimetria catastale conforme solamente allo stato dei luoghi non esonera il professionista dal porsi il problema complementare dello stato legittimo dell’immobile.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.