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L’esercizio dell’attività di scuola parentale (c.d. homeschooling) all’interno di un complesso condominiale è illegittimo se è vietato qualsiasi uso diverso da quello abitativo nel regolamento di condominio. Questo il principio di diritto emerso dalla recente sentenza n. 1326 del 20 giugno 2023 pronunciata dal Tribunale di Bergamo.
Il caso
Con atto di citazione regolarmente notificato un condominio bergamasco promuoveva un’azione giudiziaria nei confronti di due condomini che esercitavano all’interno della loro abitazione l’attività di scuola parentale.
La questione giuridica ruota tutta attorno alla possibilità di esercitare tale attività in un condominio dove vigeva una regola ferrea: all’interno delle unità immobiliari era permesso solo l’uso abitativo.
Nell’analizzare la questione, il tribunale di Bergamo ha inteso aderire all’orientamento della cassazione secondo cui il regolamento contrattuale è opponibile ai terzi acquirenti purché il regolamento sia richiamato nell’atto d’acquisto venendo a far parte dell’atto stesso per relationem, indipendentemente dalla trascrizione. In altre parole il semplice richiamo o menzione di esso nel contratto di compravendita comporta automaticamente che esso debba ritenersi conosciuto e accettato.
Elemento però che non deve mancare è la chiarezza delle clausole del regolamento condominiale. Su tale elemento la giurisprudenza è concorde nel ritenere che le clausole di un regolamento condominiale che pongono divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo a incertezze.
La decisione del Tribunale
Nel caso di specie è stato provato che il condominio era disciplinato da un regolamento condominiale di natura squisitamente contrattuale, in quanto creato originariamente dal costruttore, a sua volta richiamato nei titoli d’acquisto e debitamente trascritto. E’ stato altresì provato che il regolamento prevedeva espressamente il “divieto di adibire le unità immobiliari a destinazione diversa dall’abitazione”.
Ebbene, sulla scorta di tali due presupposti, è evidente che l’attività di scuola parentale ricade indubbiamente in tale divieto, trattandosi di una destinazione diversa da quella di civile abitazione. La previsione regolamentare risulta infatti essere chiara ed esplicita e non dà adito ad alcun dubbio o incertezza e, di conseguenza, essendo vietate tutte le attività diverse dall’uso abitativo, non pare necessaria l’elencazione analitica delle stesse, evidenziando in modo chiaro l’intento di prevedere una destinazione esclusivamente abitativa delle unità collocate all’interno del condominio.
Condannati pertanto i proprietari alla cessazione immediata dell’attività di scuola parentale nonché è stata prevista una penale di euro 100,00 per ogni giorni di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.