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In Commissione Finanze alla Camera è stato recentemente approvato, per un solo voto di scarto, l’articolo 6 del Ddl Delega fiscale, dopo un acceso scontro che ha spaccato le forze politiche e l’ultimatum dell’Esecutivo.
Abbiamo quindi chiesto ad alcuni dei principali esperti del settore immobiliare un commento sulla recente discussione per la riforma del catasto. Vediamoli insieme.
Intesa Sanpaolo Casa, SoloAffitti e REMAX Italia: la voci favorevoli nella discussione
Daniele Pastore, Direttore Generale di Intesa Sanpaolo Casa, spiega che “Il tema della Riforma Catastale ha grande rilievo nel dibattito delle ultime settimane e coinvolge, oltre alla politica, economisti, fiscalisti ed esperti del settore immobiliare. Riteniamo che questa, come peraltro le altre riforme in agenda, sia necessaria e non più differibile per il Paese: partendo dal presupposto che il catasto fornisce un’immagine ormai desueta del patrimonio immobiliare italiano, è sufficiente comparare i dati raccolti nell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per avere evidenza della distanza tra rendite catastali e valori di mercato. Ai dati raccolti dall’OMI verranno applicati coefficienti di aumento o diminuzione a seconda delle caratteristiche dell’immobile, che porteranno una maggiore coerenza rispetto ai corretti valori. Come Intesa Sanpaolo Casa sottolineiamo che la Riforma potrà avere, tra gli effetti, l’emersione delle disomogeneità presenti in Catasto: l’utilizzo di rilievi aerofotogrammetrici inoltre farà emergere gli immobili non censiti e permetterà di assegnare correttamente classe e categoria degli stessi. Anche l’introduzione del vano catastale come unità di misura rispetto al metro quadro a nostro avviso renderà più omogeneo il valore degli immobili”.
Isabella Tulipano – Pr & Brand Manager SoloAffitti – sostiene che “le riforme che hanno come obiettivo lo svecchiamento di un sistema e l’introduzione di un più equo metodo di classificazione incontrano sempre il nostro parere favorevole. Sappiamo bene che i cambiamenti non sono mai semplici, ma crediamo ci si renda conto che il catasto così com’è oggi risulti davvero datato e non in linea con l’evoluzione del mercato immobiliare. Basti pensare che a oggi la rendita viene attribuita non sui metri quadri, unità di misura più oggettiva e soprattutto di uso comune nel settore, ma sui vani, con molte imprecisioni e incertezze”.
Continua Tulipano: “Per noi che ci occupiamo di affitti, di valori e rendita da locazione è subito evidente la distanza tra la rendita attribuita con questo sistema obsoleto e il canone effettivamente pagato dagli inquilini e percepito dai proprietari.
Da alcune statistiche sull’argomento si evince che le rendite catastali delle sole abitazioni in Italia valgono 17 miliardi. Questo significa che, dividendo tale valore per 36 milioni di abitazioni, il patrimonio immobiliare in Italia produce mediamente 500 euro di rendita all’anno. Se pensiamo che al 2021 il canone medio nei capoluoghi italiani è di 585 euro al mese, ovvero 7.020 euro all’anno: è evidente che una riforma è urgente oltre che indispensabile”.
Dario Castiglia, CEO & Founder REMAX Italia esprime un giudizio positivo sulla riforma del catasto il cui obiettivo è quello di attribuire un valore catastale alle case più in linea con il valore reale di mercato degli immobili. “Finalmente il mondo politico ha preso posizione su una questione che nel corso degli anni era stata rimandata, a mio avviso, per troppo tempo. Questo porterà equità nel sistema di attribuzione del valore di un immobile generando purtroppo, da un lato, lo scontento in chi dovrà pagare di più in base ai nuovi conteggi ma dando il corretto valore a quegli immobili che invece, in base alle obsolete tabelle applicate, figuravano con valori lontani dalla realtà. Ritengo quindi che questa sia una riforma corretta e credo sia giusto applicarla, finalmente.” – ha commentato Castiglia.
I venti contrari: la posizione di Aspesi e FIMAA
Federico Filippo Oriana, Presidente di Aspesi, esprime un’opposizione ferma alla realizzazione della riforma del catasto da parte del governo. “L’immobiliare è il grande malato italiano. Da questa convinzione si deve partire per comprendere la nostra opposizione alla riforma del catasto. In un momento in cui – a un declino prolungato e strutturale dell’immobiliare italiano (che vede solo il comune di Milano andare bene, a fronte di quasi 9.000 comuni italiani) – si sono aggiunti Covid e guerra, legislatori saggi dovrebbero evitare mosse che possano portare a ulteriori disastri, fosse anche solo per motivi piscologici. Perché non si vede una sola ragione al mondo per cui proprio ora e con tanta insistenza si dovrebbe por mano a un catasto che è rimasto sostanzialmente invariato dal 1939, se non quello di aumentare le entrate fiscali, per lo meno da dopo le elezioni del 2023″.
Conclude Oriana: “Se Mario Draghi vuole convincere, invece, Parlamento e opinione pubblica che l’obiettivo è solo quello di aggiornare un catasto assai obsoleto e non di incrementare il gettito tributario – nemmeno a medio termine – una strada ce l’ha: trasformare il catasto da patrimoniale a reddituale. Oggi il catasto esprime per ciascuno dei nostri alloggi o uffici dei valori che -nati per fissare un reddito (virtuale) dell’immobile (di qui il loro nome di “rendite catastali”- vengono usati invece per attribuire un valore complessivo al bene, una specie di prezzo virtuale. Di qui le inevitabili distorsioni dei valori attribuiti che nessuna nuova legge attuativa della riforma potrà mai evitare. Per cui la soluzione migliore sarebbe lasciare tutto com’è, o al contrario cambiare tutto per transitare ad un sistema di catasto reddituale”.
Santino Taverna, presidente nazionale Fimaa, sostiene che “la riforma del catasto punterebbe ad affiancare agli attuali valori fiscali degli immobili un valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base ai valori espressi dal mercato. Ma i nostri timori nascono, e dunque si legano, alle raccomandazioni dell’Unione europea che chiedono di aggiornare i valori fiscali per spostare la pressione fiscale dal lavoro. Il rischio è che dal 2026, data in cui terminerebbe il lavoro di aggiornamento del catasto se venisse introdotto il disegno di legge delega fiscale, aumenti ulteriormente la pressione fiscale sugli immobili. Per Fimaa occorre scongiurare una inopportuna riforma del Catasto che mascheri una nuova patrimoniale e che non tenga conto di una revisione anche dei coefficienti rivalutativi, legati oggi alle attuali rendite attribuite agli immobili”.
Conclude Taverna: “è necessario che il riequilibrio catastale sia valutato all’interno di una riforma organica e strutturale della fiscalità che preveda una riduzione, e non un aumento, del carico impositivo sull’immobiliare al fine di agevolare l’accesso alla casa e rendere attrattivo l’investimento in un settore da sempre di strategica e fondamentale importanza per le famiglie e per l’intera economia italiana. Utilizzare gli immobili per l’ennesima volta come un bancomat da parte dello Stato sarebbe alquanto pericoloso per lo sviluppo di un settore fondamentale e volano economico del Paese”.
Nel mezzo, le preoccupazioni di FIAIP e Tecnocasa
“Siamo fortemente preoccupati per l’attuale formulazione del testo di riforma del catasto che, in questi giorni, ha confermato, con la recente bocciatura di due emendamenti soppressivi (tra l’altro, entrambi, per un solo voto di scarto) la “pericolosa” volontà del Governo di trasformare il Catasto da reddituale a patrimoniale. Ciò – dichiara Gian Battista Baccarini, Presidente Nazionale Fiaip – non solo non garantirà una reale equità dei valori ma determinerà un gravoso aumento della tassazione immobiliare, già a livelli insopportabili (oltre 50 miliardi annui) ed effetti negativi sulla determinazione dell’ISEE, con un’inevitabile, quanto mai inopportuno, consistente aumento dei costi sociali a danno della collettività.”
“Dopo le gravi conseguenze economiche dettate dagli effetti della pandemia, dall impennata dell’inflazione, e dall’aumento dei costi energetici e del gas destinato ad aggravarsi con il conflitto militare in Ucraina, il nostro Paese non ha certo bisogno di una riforma catastale che, così come impostata, alimenterà, anzi sta già alimentando, timori e incertezze che da sempre sono ‘veleno’ per la dinamicità di un settore, come quello immobiliare, che da sempre rappresenta il vero motore dell’economia Nazionale”.
Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa, ricorda che “La riforma del catasto era attesa da tempo in quanto mira ad allineare gli attuali valori catastali a quelli di mercato. Lo farà partendo da prezzi e canoni di locazione di mercato e applicando una serie di correttivi al fine di determinare il nuovo valore catastale che si baserà sui prezzi al metro quadro. Tutto ciò comporterà una situazione in cui ci saranno immobili che avranno valori catastali completamente diversi da quelli attuali (ad esempio in tante zone centrali ci sono immobili rivalutatisi nel tempo e che hanno ancora rendite catastali molto basse). Quello a cui si dovrà prestare attenzione sarà il quadro fiscale che si innesterà sulla riforma; occorre evitare di penalizzare il mercato sia lato abitazione principale sia investimento”.
REValuta: l’accento va posto sui dati
Luke Brucato, Chief marketing & Innovation Officer di REValuta, sostiene che “la discussione intorno alla riforma del catasto rimette in evidenza quanta strada ci sia ancora da fare nella gestione pubblica dei dati relativi agli immobili italiani. Il catasto italiano recepisce al momento dati spesso obsoleti, il cui ultimo aggiornamento risale agli anni 80 e che vanno quindi riconsiderati adeguando la rendita catastale spesse volte non rappresentativa dello stato di uso e qualità dell’immobile. Lo scopo è avere una mappatura completa e corretta del patrimonio immobiliare italiano oltre a una rendicontazione più equa a fine delle diverse tasse legate alle proprietà immobiliari (per esempio IMU, Tasi, ISEE…)”.
Aggiunge Brucato: “Si rende quindi necessario avere a disposizione dati nuovi, sempre aggiornati e granulari che riescano a coprire aree del territorio italiano anche molto piccole e per immobili di tutti i tipi, emulando lo stesso principio che guida ad esempio i modelli di valutazione automatizzata (cosiddetti AVM) che si affidano a big data composti da una pluralità di fonti sia di carattere immobiliare che socio economico demografici. La granularità dei dati è ormai diventato l’approccio più virtuoso all’analisi immobiliare e anche la recente normativa lo conferma, basti pensare alle nuove Linee Guida dell’EBA (European Banking Authority) per la valutazione delle garanzie immobiliari in banca. Stesso discorso vale per il recupero dei dati di efficienza energetica degli immobili: più il dato è granulare e mappato, maggiore è l’accuratezza di classe energetica, consumi kw/h e emissioni Co2, a beneficio di tutti gli stakeholder del settore real estate e finanziario”.
L’importanza della fase di testing per ANAMA
Paolo Bellini, founder e vice presidente ANAMA , dichiara che sia “molto importante sarà la fase di test prevista in alcuni comuni italiani, che ha lo scopo di verificare le ricadute sul contribuente delle nuove metodologie di calcolo della rendita catastale dovuta al cambio di destinazione d’uso e alla corretta mappatura degli immobili.
Basti pensare il grande lavoro che ci sarà da fare per il corretto classamento dei terreni, attualmente accatastati come agricoli, degli immobili abusivi e di tuti quelli non censiti che risultano essere di numero considerevole.
Per questa attività professionale siamo convinti che non sia sufficiente azionare gli uffici tecnici comunali ma è necessario fare riferimento anche alle professioni, compresi gli agenti immobiliari abilitati ritenuti da tutti il terminale sul mercato e quindi la categoria in grado di fotografare lo stato in essere del patrimonio immobiliare italiano.
Di questo le associazioni di categoria, ed in particolate ANAMA Confesercenti, si stanno interessando per stringere rapporti con gli albi e gli ordini professionali dei tecnici, ma anche con gli enti di formazione che avranno il compito di inserire nei programmi didattici, contenuti adeguati a servizio dei comuni”.