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Con la bella stagione si tende a lasciare aperte le finestre dalle quali però potrebbero entrare odori e rumori di ogni tipo. In relazione a tale evenienze, una buona notizia per i proprietari di appartamenti dei condomini nei quali ai piani terra sono presenti attività di ristorazione o somministrazione di alimenti di vario genere, arriva da una recente sentenza della Cassazione, la n. 20096 del 13 luglio 2023.
La vicenda
Con atto di citazione alcuni condomini di un palazzo, ormai stanchi degli intollerabili odori sgradevoli, convenivano in giudizio una pizzeria-ristorante sita al piano terra del loro condominio, nonché per aver realizzato un’opera illegittima, consistente in un camino di aspirazione collegato alla cappa aspirante della cucina pizzeria, in assenza dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale.
Il tribunale accoglieva le domande di parte attrice accertando l’intollerabilità delle immissioni acustiche e olfattive nonché condannava la pizzeria alla rimozione della canna fumaria poiché apposta in assenza del previo consenso assembleare come invece era previsto nel regolamento di condominio.
La decisione veniva confermata poi anche in sede di appello costringendo così la pizzeria a ricorrere in cassazione per sperare di ribaltarla.
La Cassazione
La suprema corte conferma però quanto già statuito dai giudici dei primi due gradi di giudizio. In particolare, per quel che è utile qui evidenziare, gli ermellini hanno ritenuto corrette le risultanze della CTU in merito alla valutazione delle immissioni.
In questo caso il metodo di indagine utilizzato dal CTU è risultato essere quello a campione, consistente cioè nel recarsi nell’appartamento più lontano ed in quello più vicino e rilevando la presenza delle immissioni. Pertanto, alla luce di tale dato si poteva indirettamente desumere che anche gli appartamenti intermedi collocati tra quello più vicino e quello più lontano subissero le medesime immissioni.
Corretta altresì è risultata essere la valutazione dei giudici di merito circa la lettura del regolamento di condominio per la realizzazione della canna fumaria. Difatti non poteva essere accolta la tesi della pizzeria secondo la quale essa costituiva una mera modifica che comportava un lecito più intenso utilizzo ai sensi dell’art. 1102 c.c. e pertanto non necessitava di alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea.
In realtà, invece, il regolamento di condominio era abbastanza chiaro nel prevedere che l’intervento dell’assemblea era necessario per qualsiasi modifica volta al miglior godimento della cosa comune anche nel proprio esclusivo interesse.
Non occorre la prova del danno biologico
Infine non è stata accolta dalla suprema colta neppure la doglianza relativa alla mancata dimostrazione, da parte dei condomini, dei pregiudizi subiti a causa delle denunciate immissioni.
Gli ermellini si rifanno all’orientamento in materia, confermato tra l’altro da una recente sentenza a sezioni unite della Cassazione, la quale ha precisato che l’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché sano stati lesi il dritto al normale volgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane quali diritti costituzionalmente garantiti.
Ne deriva pertanto che la prova del pregiudizio potrà essere validamente fornita anche con presunzioni sulla base di nozioni di comune esperienza.