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L’inflazione torna in Europa dopo anni di tranquillità per i risparmi e gli investimenti di tutti. Il costo della vita sale in maniera evidente, come non eravamo più abituati da almeno 40 anni. L’aumento del costo della vita ha raggiunto in Italia il 3,7%, in Europa il 4,9% e negli Usa il 6,8%, nei primi tre mesi del 2022.
Vediamo di capire quali sono le cause dell’inflazione in Europa e nel mondo, e quali sono i rischi per piccoli e grandi risparmiatori e investitori, a breve e medio termine.
Cause dell’inflazione 2022
A causare il ritorno dell’inflazione hanno contribuito diversi fattori.
Al rincaro delle materie prime e le riduzioni degli approvvigionamenti, causate dalla Pandemia, si è aggiunta la guerra tra Russia e Ucraina che ha causato:
- l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime industriali
- il rialzo della quotazione delle derrate agricole alimentari: grano, mais, cereali, di cui sia la Russia che l’Ucraina sono tra i primi produttori ed esportatori al mondo.
Torna dunque un’inflazione che non si vedeva più da decenni:
- in Italia l’aumento ha toccato il 6,7% (valore più elevato dal 1991),
- nell’eurozona al 7,5%, con la punta della Spagna al 9,8%,
- negli Stati Uniti ha toccato il 7,9%.
Quali sono le ripercussioni dell’inflazione sui risparmiatori
Vediamo che impatto può avere l’inflazione sui risparmiatori italiani, andando ad analizzare quali siano le conseguenze più immediate su conto corrente, obbligazioni e azioni.
Inflazione su conto corrente
Per correntisti si intendono sia i piccoli risparmiatori sia le imprese. Secondo i dati forniti da Bankitalia sui conti correnti delle famiglie italiane vi sono in giacenza liquidità per circa 1.800 miliardi di euro, mentre sui conti delle imprese la giacenza supera i 500 miliardi.
Cifre importanti che l’inflazione del 3,5%, come stabiliscono le stime di Confindustria, porterebbe in un solo anno alla perdita di 70 miliardi, annullando subito i 55 miliardi di nuovi capitali affluiti sui conti nel 2020, durate la Pandemia.
Lo stesso calcolo applicato a medio termine, su 10 anni, porterebbe alla riduzione di 600 miliardi di euro di potere di acquisto per le famiglie italiane.
Inflazione sulle obbligazioni
Quando si verifica una situazione di inflazione alta anche i tassi di interesse diventano più alti: alla crescita dei tassi di interesse di mercato, oltre che dei tassi fissati dalle banche centrali, risponde il valore delle obbligazioni già emesse. Quanto più i tassi di interesse saliranno per fronteggiare e tentare il contenere il fenomeno dell’inflazione tanto più il mercato obbligazionario diminuirà di valore.
Anche il reddito fisso non rappresenta una protezione del capitale ed è emerso già nei primi tre mesi del 2022. Spostare le riserve di liquidità dai conti correnti al reddito fisso potrebbe comunque avere un effetto di riduzione del danno: ad esempio i Btp a 10 anni offrono oggi un rendimento del 2,3%, contro l’1% circa di fine 2021. Chi aveva questi titoli in portafoglio ha registrato perdite cospicue ma chi li acquistasse oggi potrebbe contare su di un rendimento in grado di pareggiare almeno una parte dell’inflazione prevista.
Inflazione e azioni globali
«Quando il rallentamento della crescita economica si combina con l’accelerazione dell’inflazione le azioni globali tendono a soffrire perché le aziende devono affrontare simultaneamente il calo delle entrate e l’aumento dei costi, il che comprime i margini di profitto»: la dichiarazione di Sean Markowicz, strategist della società di asset management britannica Schroders, descrive l’impatto dell’inflazione sull’investimento azionario.
Le categorie che soffrono di questa situazione sono gli industriali, i finanziari, i servizi ai consumatori, l’Information Technology. Restano invece in linea i settori delle Utilities, i beni di largo consumo, l’energia e la salute che tendono a realizzare performance comprese tra il 6,7% della salute e il 16% delle utilities, all’anno.
Inflazione: le previsioni per il 2022 e il 2023
Le stime previsionali rese note dalla Commissione europea e dalla Banca europea sono unicamente scenari redatti in base a modelli econometrici che dunque non tengono conto di variabili politiche, come potrebbero essere il procedere della guerra, l’interruzione delle forniture del gas dalla Russia o altro.
Tali variabili, infatti, porterebbero ad una strutturale modifica dei costi di produzione per le imprese con conseguente aumento dell’inflazione.
Le stime dall’Europa arrivano senza troppi allarmismi:
- la Commissione europea stima che l’anno 2022 dovrebbe chiudersi con un tasso di aumento dei prezzi del 3,5%, che potrebbe tornare verso il 2% nel 2023;
- la Banca europea BCE stima un aumento del 3% quest’anno e dell’1,8% il prossimo.
Pochi, dunque, per ora i rischi previsti.