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Il regolamento di condominio non può imporre divieti generici alle singole proprietà esclusive. Se in questo articolo abbiamo visto come si può aprire un nido in casa (Tagesmutter) e le regole da rispettare, analizziamo ora un recente caso finito in tribunale a causa delle proteste di alcuni condomini che non erano d’accordo all’apertura di un vero e proprio asilo nido nel loro stabile.
Il fatto affrontato in tribunale
Una società affitta un locale in condominio per destinarlo ad asilo nido, ludoteca e centro per famiglie e bambini. L’assemblea dei condomini, però, si oppone all’apertura dell’asilo nido invocando il regolamento di condominio, che impedisce “di destinare gli appartamenti e gli altri enti dello stabile a uso diverso da quello figurante nel rogito di acquisto”, aggiungendo: “è vietato destinare gli alloggi a uso sanitario, gabinetti di cura, ambulatorio per malattie infettive e contagiose, scuole di musica, di canto, di ballo e pensioni”.
La società ha impugnato la delibera assembleare contestando l’inopponibilità nei suoi confronti della clausola che limita la destinazione delle proprietà esclusive.
Tale clausola, infatti, non è espressamente indicata nella nota di trascrizione del contratto di compravendita dell’immobile; inoltre, il divieto ha carattere troppo generico e non riguarda nello specifico le attività di asilo nido che, dunque, sarebbero consentite.
La questione è finita davanti alla Cassazione.
La decisione della Cassazione
Nel caso di specie le restrizioni alla proprietà privata contenute nel regolamento sono generiche e non fanno riferimento espresso alle attività di asilo nido.
Inoltre, va chiarito se la clausola del regolamento contrattuale in questione sia stata riportata nella nota di trascrizione del rogito e se, pertanto, sia validamente opponibile ai terzi. Insomma, la questione, secondo la Cassazione, va ridefinita dalla corte d’appello secondo i principi di diritto sopra sintetizzati.
La Corte ricorda che i divieti alla proprietà esclusiva, per essere validamente opponibili ai singoli proprietari, devono essere previsti in un regolamento (o, meglio, in apposite clausole del regolamento) di natura contrattuale.
Solo con l’accordo di tutti i proprietari, infatti, è possibile restringere i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle proprietà esclusive o comuni, destinate ad avere effetti (con la registrazione del regolamento nei registri immobiliari) anche per i futuri acquirenti.
Limitazioni alla proprietà esclusiva vanno espresse in maniera chiara, con indicazione specifica delle attività vietate. Se i divieti previsti nel regolamento sono troppo generici, vanno interpretati in maniera restrittiva e, comunque, a favore del singolo proprietario.
In altri termini, i limiti e divieti alla proprietà esclusiva, inseriti nei regolamenti condominiali, devono essere tali da:
escludere ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini» ed essere quindi connotati dalla massima chiarezza con riferimento «alle attività ed ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire (Cass. civ. n. 19229/2014).