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Il diritto tributario italiano prevede tre categorie di pagamenti al Fisco: imposte, contributi e tasse. Non sono sinonimi, ma si tratta di tre differenti tipologie e modalità di pagamenti fiscali nell’ambito del lavoro, dei redditi e del patrimonio posseduto o utilizzato per entrate. A differenza dei contributi e delle tasse, i tributi sono prelievi coattivi e diretti, che lo Stato impone ai cittadini lavoratori e datori di lavoro, e incassa direttamente per finanziare i servizi pubblici, a beneficio di tutti.
Tra le imposte dirette, vi è l’obbligo di versamento dell’Iperf (Imposta sul reddito delle persone fisiche), che si può individuare anche in busta paga, sulle dichiarazioni dei redditi, e sul cassetto fiscale, attraverso specifici codici tributo riconoscibili. È importante capire di cosa si tratta e come viene utilizzata, anche per la trasparenza nelle relazioni tra cittadini e istituzioni.
Che cos’è l’Irpef
Sul sito di Agenzia delle Entrate viene riportato, in dettaglio, l’elenco delle tasse e delle imposte, modalità di pagamento e utilizzo delle stesse. L’Irpef è l’acronimo di “imposta sul reddito delle persone fisiche”, e viene prelevata dai redditi fondiari, quindi immobili, terreni, fabbricati, dai redditi di capitale, da quelli del lavoro dipendente, autonomo e d’impresa. Ma anche dai cosiddetti redditi assimilati o diversi, comprese le pensioni.
Quindi viene prelevata direttamente dalla ricchezza delle persone fisiche, dei lavoratori, imprenditori e datori di lavoro. Se non ci fosse questa ricchezza, i servizi di pubblica utilità andrebbero in affanno o non funzionerebbero.
Come viene spesa l’Irpef
Questa imposta viene prelevata dal Fisco, quindi dallo Stato, e utilizzata per finanziare i servizi al cittadino, suddivisa in base al gettito e alle scelte politiche, a seconda delle leggi di Bilancio. Fino a poco tempo fa, il 21% circa dell’Irpef dei contribuenti italiani veniva destinato alla sanità, un’altra cospicua fetta serve alla previdenza (20%). Seguono in ordine di grandezza, l’istruzione (11%), la difesa, la sicurezza e l’ordine pubblico (9% circa).
I cittadini e i datori di lavoro possono verificare direttamente dal “cassetto fiscale” e dalla dichiarazione precompilata F24, quanto del loro lavoro e del proprio reddito, viene destinato ai servizi, e in che percentuale. È possibile riconoscere le voci dai codici tributo.
Che cos’è un codice tributo
Quando i lavoratori autonomi o datori di lavoro versano il modello F24 per le dichiarazioni dei redditi, vengono compilate le varie sezioni per i versamenti di Irpef, Ires, Iva, ritenute e tasse erariali, ma anche le imposte regionali e comunali (Imu sulla casa, Tari sui rifiuti, e vari tributi locali).
Sul cassetto fiscale di ciascun cittadino contribuente vengono riportati i codici dei vari tributi da versare, gli scadenzari fiscali, e tanto altro. Uno dei codici tributo più frequenti è il numero 1001 per il modello F24.
Cos’è il codice tributo 1001
Il codice tributo 1001 è tra i più frequenti poiché viene spesso utilizzato per la compensazione, ad esempio per “compensare” imposte o tasse non pagate, attraverso dei crediti d’imposta accumulati. Questo codice individua i versamenti delle ritenute dovute al Fisco, che gravano sulle retribuzioni, sulle pensioni, sulle trasferte e mensilità. In pratica sono delle trattenute sui redditi e sulla busta paga, o sulle pensioni, a carico del datore di lavoro o dell’ente pensioni. Il codice tributo 1001 è dunque una parte dell’Irpef che enti pensionistici e datori di lavoro devono versare all’Agenzia delle Entrate. A volte viene versato come conguaglio e saldo di quanto non ancora pagato.
Quando si versa il 1001 e come si utilizza
Di solito questa quota Irpef viene versata dal datore di lavoro entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui versa le ritenute da lavoro dipendente. Quando succede che si sforano i tempi o si commette un errore nelle dichiarazioni, il datore di lavoro può regolarizzare la sua posizione utilizzando l’istituto del cosiddetto ravvedimento operoso, per non incorrere in sanzioni o limitarne la portata.
I cittadini lavoratori dipendenti non pagano direttamente questi tributi; il codice viene applicato dal datore di lavoro che è sostituto d’imposta. Tutto viene precisato con trasparenza sul cassetto fiscale di ogni cittadino contribuente.
Il codice invece viene utilizzato per compilare il modello F24, di solito online o tramite commercialista. Una volta applicato, e pagato, viene prelevato da Agenzie delle Entrate, in modo che il Fisco potrà incassare e mettere in bilancio per pagare i servizi a beneficio dei cittadini.