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Nel 2014 e 2015 sono entrate in vigore due leggi importantissime che hanno profondamente modificato le norme su separazione e divorzio. Si tratta rispettivamente del decreto legge del 2014, il quale ha introdotto le procedure consensuali extragiudiziali (quella al Comune e quella tramite negoziazioni assistite da avvocati, senza più passare per il tribunale) e della Legge 55/2015 (c.d. Divorzio breve) che ha fortemente ridotto l’intervallo tra separazione e divorzio (dodici mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali).
Detto questo, lo scioglimento dell’unione matrimoniale oltre a portare con sé importanti cicatrici e ferite psicologiche, mentali e morali ha sempre rappresentato anche uno stravolgimento della vita patrimoniale delle ormai ex coppie. Si pensi all’assegno di mantenimento, agli alimenti, alla divisione dei beni, e soprattutto all’assegnazione della casa familiare. In molti casi, infatti, per acquistare quella che diventerà poi la casa familiare spesso si impiegano i risparmi di una vita o si contrae un mutuo trentennale.
Ecco perché conoscere come tutelarsi per non perdere la casa in caso di separazione o divorzio diventa fondamentale.
In relazione a questo tema occorre innanzitutto fare una distinzione tra coppie con figli e coppie senza figli, poiché tale classificazione è fondamentale ai fini dell’assegnazione della ormai ex casa familiare.
Tutela della casa in assenza di figli
Le conseguenze che il divorzio ha sul lato patrimoniale dei coniugi variano a seconda del tipo di regime prescelto. Si ricorda che il nostro ordinamento prevede due opzioni:
- la comunione legale dei beni, che si instaura automaticamente tra i coniugi salvo diversa volontà espressa dagli stessi;
- la separazione dei beni.
La comunione legale dei beni
In caso di scelta della comunione legale dei beni, la legge prevede che i beni acquistati in costanza di matrimonio (si veda l’articolo 177 del Codice civile per un’elencazione delle tipologie), anche se materialmente avvenuto da solo uno dei coniugi, rientrano nella proprietà comune.
Fatta questa precisazione, è bene sapere che nel caso in cui si scelga tale regime patrimoniale, in caso di divorzio ciò comporta che, se l’abitazione comune è stata acquistata durante il matrimonio, indipendentemente da chi ha versato il denaro, questa rientra nella comunione dei beni.
Per evitare di perdere la casa familiare, in questo caso occorrerebbe che la casa venga acquista prima del matrimonio da uno solo dei due coniugi oppure che fosse stata donata o ricevuta in successione.
La separazione dei beni
Nel caso della scelta del regime di separazione dei beni il problema non si pone poiché in questo caso, anche a seguito del divorzio, ognuno rimane titolare dei propri beni restando quindi l’unico soggetto legittimato a goderne.
L’unica eccezione a questa regola è se sussistono condizioni gravi di salute del coniuge non proprietario, le quali non consentono a quest’ultimo di allontanarsi dall’abitazione. In questo caso il giudice potrebbe con molta probabilità valutare l’assegnazione della casa proprio in favore di quel coniuge, pur se non risulta esserne l’effettivo proprietario.
Tutela della casa in presenza di figli
Si passa ora ad analizzare il caso, ben più complesso, in cui gli ex coniugi abbiano dei figli.
Partiamo col dire che in presenza di figli l’assegnazione della casa familiare è prevista nel loro esclusivo interesse, così da consentirgli di conservare l’ambiente familiare in cui gli stessi sono cresciti, così come espressamente previsto dall’articolo 155-quater del Codice Civile: “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”.
In termini pratici significa che il giudice deve sempre valutare primariamente l’interesse dei figli prima di decidere in merito all’assegnazione della stessa, poiché, nel momento in cui avviene la separazione tra marito e moglie, il Tribunale assegnerà la casa al genitore con il quale i figli andranno a convivere. Ciò avviene anche se il genitore non dovesse essere l’effettivo proprietario e se il divorzio è avvenuto a causa sua (in termini tecnici, con “l’addebito”).
Ne consegue quindi che verrà previsto a favore del coniuge assegnatario della casa il diritto di abitazione assieme ai figli. Un altro elemento da tenere a mente è che l’assegnazione della casa familiare non è un diritto reale e quindi essa non impedisce la vendita, né è opponibile ai terzi creditori. Chiaramente all’acquirente sarà sempre opponibile il diritto dell’assegnatario ad utilizzare il bene.
Revoca dell’assegnazione
Esistono dei presupposti che giustificano la revoca dell’assegnazione della casa familiare. La revoca sussiste quando:
- i figli non convivono più con il genitore;
- i figli diventano economicamente indipendenti;
- il coniuge assegnatario cambia casa;
- il coniuge assegnatario inizia un’altra convivenza o si risposa.
La trascrizione del diritto di assegnazione della casa familiare
In caso di separazione o divorzio con assegnazione della casa al coniuge non proprietario è altamente consigliato trascrivere tale diritto poiché, dato che il coniuge è proprietario esclusivo della casa assegnata all’altro coniuge, potrebbe venderla o donarla a terzi anche durante o dopo la separazione.
Sarà immediatamente evidente all’acquirente che dovrà rispettare il diritto di abitazione del genitore assegnatario della casa familiare, fino alla cessazione del suo diritto.
Residenza alternativa
Un possibile escamotage per evitare l’assegnazione della casa coniugale potrebbe anche essere quello di trovare una residenza alternativa. In altre parole, occorrerebbe stabilire la residenza e dimorare in una seconda casa così da tenere indenne da un provvedimento di assegnazione quella “realmente principale”.
Il giudice, infatti, può assegnare al genitore collocatario esclusivamente l’abitazione dove la coppia viveva stabilmente prima della separazione: non può assegnare una seconda casa come la casa al mare o in montagna.
La locazione dell’immobile
Quanto appena detto in tema di residenza alternativa vale anche per una ipotesi simile: la locazione dell’immobile principale. In pratica, partendo dal medesimo presupposto che il diritto di abitazione dell’ex coniuge vale solamente nella cosiddetta dimora abituale di proprietà della famiglia, questo diritto non si trasla anche sulla seconda casa che potrà quindi essere data in locazione oppure direttamente disabitata.
Si potrebbe quindi affittare l’immobile “principale”, la vera casa familiare, e con il canone percepito andare a vivere in affitto in un’altra casa dove stabilire la propria residenza.