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La circolare n. 5/E, emessa dall’Agenzia delle Entrate il 7 marzo 2024, fornisce chiarimenti riguardo alle agevolazioni fiscali per la “prima casa”, delineano importanti novità in materia di redditi di lavoro dipendente.
Questa circolare si colloca all’interno di un contesto più ampio che riguarda il welfare aziendale. La sua applicabilità si estende significativamente alle detrazioni per gli interessi sui mutui e gli affitti.
Queste modifiche, introdotte dalla legge di Bilancio 2024 (Legge n. 213/2023) e dal decreto Anticipi (Dl n. 145/2023).
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Tra i benefici introdotti, spiccano l’esenzione fiscale per le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro ai dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche, degli affitti e degli interessi sui mutui per la prima casa.
Questo ampliamento del concetto di “bonus” esentasse rappresenta un incentivo diretto al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.
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Definizione di “prima casa”
La “prima casa” viene definita come “l’abitazione principale del lavoratore dipendente, del suo coniuge o dei suoi familiari”. Questa definizione è fondamentale per determinare l’eleggibilità alle detrazioni fiscali. L’abitazione principale è, dunque, quella in cui si svolge la vita quotidiana del lavoratore o della sua famiglia.
La normativa fiscale, tramite gli articoli 15 e 16 del Tuir, stabilisce quali spese relative a questa abitazione possono godere di agevolazioni fiscali, in particolare quelle legate agli interessi passivi sui mutui e ai canoni di locazione.
Spese ammissibili per le detrazioni fiscali
Le detrazioni fiscali per la prima casa prendono in considerazione due categorie principali di spese:
- spese per gli affitti: queste comprendono i canoni di locazione, che devono essere documentati tramite un contratto di locazione regolarmente registrato e che siano stati effettivamente pagati nel corso dell’anno fiscale.
- spese per i mutui: riguardano gli interessi passivi sui mutui contratti per l’acquisto dell’abitazione principale. Questi interessi rappresentano una parte significativa del costo sostenuto dai lavoratori dipendenti per l’acquisto della propria abitazione e, come tali, godono di specifiche agevolazioni fiscali.
Queste spese devono essere sostenute dal lavoratore, dal suo coniuge, o dai suoi familiari e devono riguardare immobili a uso abitativo detenuti sulla base di un titolo idoneo. La normativa prevede una detraibilità di queste spese, con l’obiettivo di alleviare il peso fiscale sui lavoratori dipendenti, incentivando al contempo l’accesso all’abitazione principale.
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Come ottenere il rimborso delle spese
Un aspetto chiave chiarito dalla circolare è che queste spese sono rimborsabili secondo i limiti normativamente stabiliti, anche nel caso in cui il contratto di locazione o il mutuo siano intestati a un familiare del lavoratore dipendente, come il coniuge o un altro familiare.
Ciò che conta è che l’immobile in questione sia classificato come abitazione principale del lavoratore ai sensi delle disposizioni contenute negli articoli 15 e 16 del Tuir. Tale flessibilità nelle norme rispecchia l’intenzione del legislatore di facilitare l’accesso alle detrazioni fiscali, tenendo conto della varietà delle situazioni familiari.
Va precisato che il riconoscimento di fringe benefit a copertura delle spese di affitto e mutuo bloccherà la fruizione di altre agevolazioni da parte del contribuente sui medesimi costi.
Infatti, l’Agenzia delle Entrate nella circolare scrive espressamente: “resta fermo che in relazione alle spese rimborsate ai sensi della norma in commento, il contribuente non potrà beneficiare delle agevolazioni previste per le medesime spese quali, ad esempio, la detrazione prevista, per l’abitazione principale, degli interessi passivi per mutui o dei canoni di locazione, in quanto queste ultime, poiché oggetto di rimborso, non possono essere considerate effettivamente sostenute.”