Indice dei contenuti
Il regolamento di condominio è l’atto che regola ed organizza la vita della compagine condominiale, disciplinandone gli aspetti principali, quali, ad esempio, le modalità di utilizzo delle cose comuni e la ripartizione delle spese.
Esso è obbligatorio solo se i condòmini sono più di dieci; in caso di numero pari o inferiore a dieci, la sua adozione è facoltativa e rimessa alla volontà assembleare, ma laddove se ne deliberi la predisposizione, per il solo fatto di averlo approvato, i componenti della compagine condominiale hanno l’obbligo di rispettarne il contenuto.
Esso è disciplinato dall’articolo 1138 del codice civile e, secondo una definizione di massima, si è soliti distinguere tra regolamento avente natura contrattuale e regolamento di origine assembleare.
Quello di natura contrattuale è il regolamento predisposto dal costruttore ed allegato agli atti di vendita o, comunque, approvato da tutti i singoli condomini ed ha, per questo motivo, specifica valenza contrattuale ed efficacia vincolante tra le parti.
Quello di natura assembleare, viceversa, come si intuisce, viene approvato in assemblea, con il voto favorevole espresso dalla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio.
Regolamento condominiale: quando impone limiti alla destinazione d’uso degli immobili privati
Accade spesso, nella prassi condominiale, che all’interno del regolamento vengano inserite delle specifiche disposizioni che limitino o addirittura vietino in maniera assoluta di destinare le abitazioni private a determinati tipi di attività (esercizi commerciali, studi medici, ostelli, palestre o Bed&Breakfast).
In tal modo, evidentemente, viene condizionata la possibilità per i singoli di trarre pieno vantaggio economico dalla loro proprietà esclusiva.
Quale valenza deve riconoscersi a disposizioni di tale natura?
La risposta della Suprema Corte: il caso
Con l’ordinanza n. 38639/2021, la Corte di Cassazione ha sancito che le limitazioni alle facoltà di godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio, volte a vietare lo svolgimento di determinate attività all’interno delle unità immobiliari esclusive (nella specie, il regolamento conteneva il divieto di esercitare, senza apposita autorizzazione assembleare, industrie, professioni, laboratori, commerci, arti e mestieri e di adibire l’immobile a casa di riposo per anziani), determinano la nascita di vere e propri servitù gravanti sulle proprietà private.
Esse devono, perciò, essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini.
Ne consegue che norme di tale portata contenute in un regolamento di natura assembleare non possono, per definizione, vincolare efficacemente i singoli proprietari.
Non solo; ma la loro opponibilità ai terzi, ossia l’efficacia delle clausole limitative delle facoltà dei singoli nei confronti di coloro che non le abbiano espressamente e consapevolmente accettate, né partecipando alla loro genesi, né, tantomeno sottoscrivendole in maniera formale, deve ritenersi subordinata alla trascrizione del regolamento condominiale che le contiene.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.