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In condominio può capitare che un singolo proprietario si faccia carico di spese che andrebbero ripartite tra tutti i condomini.
D’altronde questa possibilità è espressamente prevista dallo stesso codice civile, dove, all’art. 1134 c.c, prevede che: “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”.
Non sempre, però, egli ha poi diritto al rimborso, perché l’articolo pone precisi limiti e può esporre quindi il singolo condomino a non vedersi rimborsata alcuna somma anticipata.
A definire meglio e fare ulteriore chiarezza circa il perimetro di utilizzabilità dell’art. 1134 c.c. vi è la recente sentenza n. 7223 pronunciata il 13 marzo 2023 dalla seconda sezione della Corte di Cassazione.
La vicenda
Una società proprietaria di un appartamento sito nella città di Sondrio citava in giudizio una banca, anch’essa condomina, per ottenere il rimborso delle spese straordinarie sostenute per il rifacimento del tetto e delle facciate dell’edificio, ai sensi dell’art. 11374 c.c..
In primo grado, il Giudice accoglieva le ragioni della società ma, in sede di appello, la Corte riformava la decisione, rilevando che le spese non erano state mai autorizzate dall’assemblea condominiale e i lavori non erano urgenti.
La controversia è così giunta in Cassazione, dove la società ha insistito nella richiesta di rimborso, sostenendo anche che il silenzio serbato rappresentava, in realtà, un’accettazione per fatti concludenti.
UNA GUIDA ALLA VITA IN CONDOMINIO
I motivi della decisione della Suprema Corte
Gli ermellini nel respingere il ricorso hanno ricordato alcuni importanti principi in tema di rimborso delle spese anticipate da un singolo condomino.
Occorre innanzitutto precisare come già in passato la Suprema Corte aveva avuto modo di affermare che “ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va allora considerata ‘urgente’ non la spesa che pur sia giustificata dalle condizioni di degrado o di scarsa manutenzione, o di incuria, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere. La ragione sottintesa all’art. 1134 c.c. viene ravvisata, del resto, proprio nell’esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare”.
Nel caso in esame, i lavori in discussione riguardavano prevalentemente la proprietà esclusiva della società ricorrente ed in tale ottica erano stati autorizzati dagli altri condomini, non potendo essere considerati urgenti a tal punto dal giustificare, per quel che riguarda le parti comuni, l’intervento della società stessa in sostituzione del condominio.
I Giudici della Cassazione inoltre ritengono che, pur se nel verbale di assemblea la banca-condomina si era riservata di valutare, a lavori ultimati, se in che misura contribuire ai lavori, ciò non costituiva in alcun modo un implicito obbligo di rimborso.
In merito a tale punto la Suprema Corte afferma che se l’assemblea autorizza un condomino a effettuare dei lavori a sue spese, “ciò equivale a negare il rimborso”.
All’interno della previsione di cui all’art. 1134 c.c., non può quindi trovare spazio la tesi secondo cui il condominio abbia inteso accettare di pagare una spesa anticipata da un singolo condomino per meri fatti concludenti.
Difatti, conclude la Cassazione “il silenzio non può assurgere a manifestazione negoziale se non in presenza di una specifica previsione normativa, nella fattispecie non sussistente, che faccia derivare dalla mancata dichiarazione specifiche conseguenze, alternativamente, di assenso o rifiuto o quando fra le parti vi sia una consuetudine, nel caso che ci occupa non riscontrata”.