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La riforma che definisce le linee guida del nuovo codice degli appalti era una delle più attese sul tavolo del governo di centrodestra.
Già dalle prime settimane del 2023 i partiti che compongono la maggioranza di Giorgia Meloni hanno accelerato il ritmo dei lavori e così si è arrivati all’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri, che negli ultimi giorni del mese di marzo ha deliberato il testo definitivo.
È stato denominato “Decreto Salvini“, dal nome del suo firmatario, ossia il segretario della Lega, che da ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti detiene le deleghe per mettere mano a questa delicata materia.
Quello di modificare la norma attualmente vigente era uno degli obiettivi del Carroccio fin dalla campagna elettorale e ora i vertici del partito possono esultare per il risultato raggiunto.
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Cosa contiene il nuovo codice degli appalti e com’è strutturato
Sono ben 229 gli articoli che compongono il nuovo codice degli appalti, un numero identico a quello della versione attiva fina ad oggi, ma con molti meno commi e indicazioni varie.
Per questo nell’esecutivo si parla di una decisa opera di sburocratizzazione, che dovrebbe agevolare il lavoro delle pubbliche amministrazioni nell’individuazione dei soggetti più idonei per svolgere i lavori pubblici.
Le voci sono raggruppate in 6 libri, ognuno dedicato ad uno specifico ambito di applicazione: si va dalla programmazione e la progettazione della gara d’appalto fino ai meccanismi delle concessioni, passando per i contenziosi tra pubblico e privato, la sinergia con l’Agenzia nazionale anticorruzione e le regole per i settori speciali.
Codice degli appalti, tutte le novità del “Decreto Salvini”
Le novità più importanti rispetto alla versione archiviata riguardano soprattutto la digitalizzazione (un ambito su cui la stessa Commissione europea ha chiesto all’Italia di accelerare nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza), la salvaguardia del Made in Italy – tema caro alla maggioranza di governo – e la liberalizzazione degli appalti sottosoglia.
In particolare, quest’ultimo punto prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di attivare procedure negoziate e affidamenti diretti per i progetti il cui valore arrivi fino a 5,3 milioni di euro (pur sempre nel rispetto del principio di rotazione).