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È legittima l’ordinanza ingiunzione emessa dall’Ispettorato del Lavoro nei confronti dei proprietari di un’abitazione nella quale erano stati eseguiti lavori edili, impiegando manodopera in nero.
Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Lecce con la sentenza n. 502 del 2022.
Secondo i giudici, l’area destinata al cantiere edile, anche se di proprietà privata, non è qualificabile come luogo di privata dimora, trattandosi piuttosto di un luogo aperto al pubblico.
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Il caso
La vicenda in esame ha inizio nel 2016, quanto il personale dell’Ispettorato territoriale del lavoro effettuava un’ispezione nel giardino di un’abitazione privata, nella quale erano in corso lavori edili. Alla presenza del proprietario, gli ispettori accertavano che cinque dei sei operai impiegati nei lavori risultavano “in nero”.
Il Tribunale di Brindisi, in accoglimento del ricorso proposto dal proprietario dell’immobile, aveva annullato il provvedimento d’ingiunzione emesso dell’Ispettorato del Lavoro, ritenendo che i luoghi di privata dimora vadano esclusi dal “potere di ispezione”.
La decisione del tribunale è stata però completamente ribaltata dalla corte d’appello salentina, che ha accolto le regioni esposte nel controricorso presentato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Brindisi.
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La decisione
Accogliendo il ricorso presentato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Brindisi, i giudici d’appello hanno invece ribaltato la sentenza di primo grado.
Secondo i giudici, il provvedimento d’ingiunzione, adottato a seguito dell’ispezione, è legittimo, perché “l’area destinata a cantiere edile, pur se di proprietà privata, non è qualificabile come luogo di privata dimora né come luogo in cui si svolgono attività destinate a rimanere riservate, trattandosi piuttosto di luogo aperto al pubblico, tant’è che gli ispettori del lavoro accedevano liberamente senza chiedere autorizzazione alcuna”.
I giudici l’ordinanza ingiunzione emessa dall’ITL è adeguatamente motivata. Infatti – si legge nella sentenza – “l’autorità amministrativa non è tenuta, nell’ordinanza ingiunzione, a rispondere analiticamente e diffusamente alle censure avanzate dall’intimato, potendo semplicemente richiamare il verbale di accertamento, come avvenuto nel caso di specie”.
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La normativa
La sentenza in commento si pone nel solco non solo della precedente giurisprudenza, ma anche dell’evoluzione normativa in materia.
In particolare, negli ultimi anni, il potere ispettivo degli organi di vigilanza è stato rafforzato, al fine di contrastare il lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
La recente Legge 215 del 2021, di conversione del D.L. 146/2021, prevede la possibilità dell’Ispettorato del Lavoro di adottare anche provvedimenti cautelari di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Questo, al fine di far cessare il pericolo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, oltre che per contrastare il fenomeno del lavoro irregolare.
La misura scatta se, al momento dell’accesso ispettivo, si accerta che almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulta:
- occupato irregolarmente o inoccupato;
- oppure inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza degli adempimenti richiesti dalla normativa;
- o, ancora, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.