La Corte d’Appello di Lecce ha accolto l’appello proposto da una condòmina contro la Sentenza del Tribunale salentino che, su ricorso di un altro comproprietario, le aveva ordinato la rimozione di una tettoia in metallo leggero, realizzata all’interno della proprietà privata, ma in aderenza al muro perimetrale di proprietà comune, allo scopo di creare ombra sul proprio parcheggio.
In particolare, la tettoia era contestata perché danneggiava il decoro dello stabile e, in ogni caso, la sua installazione necessitava della preventiva delibera dell’assemblea condominiale, prevista nei singoli atti d’acquisto.
Al contrario, la condomina riteneva legittima l’installazione della struttura in quanto, sebbene realizzata in aderenza al muro esterno di proprietà del Condominio, non eccedeva i limiti imposti dall’art. 1102 c.c., senza alterare il decoro architettonico del fabbricato e senza impedire il pari uso potenziale da parte degli altri comproprietari.
Contro la pronuncia della Corte d’Appello viene proposto ricorso in Cassazione e la Suprema Corte viene, così, investita della questione relativa alla definizione dei limiti che giustificano l’iniziativa del privato che, per un proprio esclusivo vantaggio, usi in maniera più intensa le parti comuni.
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Come stabilire se la tettoia in condominio è legittima o meno
La Corte di Cassazione, Sez. II Civ., con l’Ordinanza n. 7870 del 19.03.2021, ha confermato integralmente la posizione assunta dalla Corte d’Appello.
In particolare, osserva la Cassazione, la tettoia realizzata dalla condòmina, dal punto di vista edilizio e urbanistico, non ha causato alcun aumento volumetrico, né alcuna alterazione della fisionomia originaria del condominio.
Si trattava, infatti, di una copertura leggera, metallica, agevolmente removibile e, in quanto tale, non ha comportato nessuna limitazione di luci e/o vedute. Dunque, nessuna compressione dei diritti assoluti degli altri comproprietari.
Tale circostanza, evidenzia la Suprema Corte, è stata evidenziata dal Consulente Tecnico d’Ufficio in d’appello, il quale ha sottolineato come non vi fossero, nel caso di specie, finestre e/o balconi posizionate di fronte alla tettoia in oggetto, che potessero soffrire dell’avvenuta installazione.
Ne consegue, ad avviso della Cassazione, il pieno rispetto del disposto dell’art. 1102 c.c., a mente del quale ogni condòmino può legittimamente fare un uso più intenso, a proprio esclusivo vantaggio, della cosa comune (nel caso in oggetto, il muro perimetrale), a condizione che:
- non ne alteri la destinazione originaria;
- non ne impedisca il potenziale pari uso da parte degli altri condòmini;
- non determini un pregiudizio per la stabilità, la sicurezza e il decoro del fabbricato.
Da questo punto di vista, chiarisce la Suprema Corte, è pacifico che costituisca violazione del decoro ogni intervento che, non solo alteri le linee architettoniche dell’edificio, ma che si rifletta negativamente sul suo aspetto armonico complessivo, a prescindere dal pregio estetico del fabbricato (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 18928 del 11 settembre 2020).
Questa valutazione è di esclusiva competenza del giudice del merito e laddove, come in questo caso, sia stata compiutamente motivata, in sede di legittimità non è concessa una nuova e ulteriore valutazione al riguardo.
Dalle considerazioni che precedono si ricava il principio di diritto sancito dall’ordinanza in commento: quando l’intervento realizzato dal singolo sulle parti comuni sia effettuato nel rispetto dei limiti di cui all’art.1102 c.c., senza alterare la stabilità, la sicurezza ed il decoro del fabbricato, può superarsi in ogni caso l’autorizzazione assembleare, anche se prevista nei singoli atti d’acquisto.