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Non di rado, nei fabbricati in condominio, si verifica che il proprietario dell’ultimo piano, nel ristrutturare casa, decida di modificare il terrazzo di pertinenza del proprio appartamento, magari per ricavarne nuovi spazi, così da sfruttare al meglio tutta la volumetria disponibile.
Quando, però, non si rispettano le norme sulle distanze legali ed i principi generali in materia di edilizia ed urbanistica, possono sorgere grossi problemi.
Analisi di un caso concreto: una recente pronuncia della Cassazione
Con l’ordinanza n. 12865 del 22 aprile 2022, la Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto da un proprietario che aveva ampliato il suo terrazzo in violazione della richiamata disciplina, ha sancito il seguente principio di diritto.
Deve ritenersi legittima la condanna al ripristino dello stato dei luoghi antecedente all’intervento edilizio e al risarcimento dei danni nei confronti del vicino, per violazione delle distanze legali, se la ristrutturazione effettuata ha ampliato la volumetria del terrazzo.
La prova del danno può essere fornita anche mediante il ricorso a presunzioni semplici o al fatto notorio.
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La vicenda processuale
La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale, aveva ridotto l’entità della condanna risarcitoria inflitta al soggetto che aveva realizzato l’ampliamento, ma ne aveva, per contro, confermato integralmente l’obbligo di riduzione in pristino dell’immobile, per violazione delle distanze legali rispetto all’appartamento contiguo.
La questione è così giunta in Cassazione e, nel terzo grado di giudizio, il ricorrente ha sostenuto sia che non aveva realizzato alcun aumento di volumetria, ma solo un locale tecnico destinato a contenere delle cisterne, sia che il giudice d’appello aveva riconosciuto il danno in assenza di prova.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, nel respingere il ricorso, ha accertato che l’intervento realizzato aveva dato luogo ad un effettivo aumento di volumetria, di superficie, e di ingombro e, per l’effetto, era corretto imporre il ripristino dei luoghi, con demolizione delle nuove opere, non essendo possibile arretrare il confine.
La Cassazione, ha, infatti, osservato che nel caso di specie ricorreva non la semplice ristrutturazione (che si verifica quando gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, lasciano inalterate le originarie dimensioni dell‘edificio, senza aumenti della volumetria), quanto piuttosto una nuova costruzione.
In relazione, poi, al risarcimento del danno, ha concluso il Collegio, era pacifico che i danneggiati avessero allegato l’abusiva imposizione di una servitù a carico del proprio fondo e che la limitazione del godimento aveva comportato una diminuzione temporanea del valore della loro proprietà.
Questa circostanza, già esaminata in maniera logica dal giudice d’appello, non poteva essere oggetto di rivalutazione in sede di legittimità.
Inevitabile pertanto il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.