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La Cassazione con l’ordinanza n. 37476 pubblicata il 22 dicembre 2022 contribuisce a chiarire ancora una volta l’importanza del conto corrente condominiale, pronunciandosi sul tema della richiesta di restituzione di somme anticipate da parte dell’amministratore per la gestione del condominio.
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Obbligo del conto corrente condominiale
Partiamo dal presupposto che solo a seguito della riforma del condominio è stato espressamente previsto, con il nuovo art. 1129 c.c., comma 7, l’obbligo per l’amministratore di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.
Sul punto, è bene inoltre precisare che tale obbligo incombe solo sull’amministratore. Ciò significa che, in caso di condomini nei quali non è stato nominato un amministratore, tale obbligo non sussiste.
Cosa accade, se un condominio non ha conto corrente: la vicenda
Il caso esaminato dai Giudici della Suprema Corte riguardava l’opposizione promossa da un condominio contro un decreto ingiuntivo notificatogli dall’ex amministratore di condominio ed avente a oggetto la richiesta di restituzione di somme di denaro che quest’ultimo sosteneva di aver anticipato in favore del condominio negli anni della sua gestione.
Il condominio si difendeva con la propria opposizione, deducendo l’irregolare tenuta della contabilità da parte dell’amministratore uscente, non avendo egli previsto un registro di contabilità, né aperto un conto corrente dedicato al condominio, con conseguente impossibilità da parte dei condomini di avere la visione dei movimenti in entrata e in uscita eseguiti durante la sua gestione.
In prima istanza, dinanzi al Giudice di Pace, la domanda dell’amministratore veniva comunque accolta, mentre, in seguito ad impugnazione da parte del condominio, la decisione veniva riformata in sede di Appello.
La decisione della Cassazione
La vicenda giungeva pertanto sino in Cassazione chiamata a pronunciarsi solo ricorso promosso dall’amministratore, in assenza di controricorso del condominio.
I Giudici della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto, condividevano il ragionamento giuridico effettuato dal Giudice del Tribunale di Appello.
In particolare, l’elemento decisivo per la decisione era stato proprio la mancanza di prova dell’esborso personale da parte dell’amministratore di condominio.
Difatti, mancando un conto corrente del condominio e di conseguenza una chiara contabilità, non poteva dirsi con esattezza se i pagamenti effettuati dall’amministratore derivassero da fondi propri di quest’ultimo oppure da fondi del condominio.
Tale prova inoltre non poteva dirsi assolta né dal semplice saldo contabile che indicava maggiori uscite rispetto alle entrate, né ricavarsi dall’asserito (a dir dell’ex amministratore) riconoscimento di debito da parte del condominio.
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Al contrario in sede istruttoria, dall’ascolto del nuovo amministratore, si ricavava che questi aveva fatto espressa riserva di verificare le risultanze contabili: determinazione che, dunque, era incompatibile con un esplicito riconoscimento del debito verso il vecchio amministratore.
In sostanza, la Suprema Corte condivideva in pieno l’assunto del Giudice di Appello che seppur aveva tenuto conto del fatto che gli esborsi erano stati effettuati dall’amministratore stesso (come dallo stesso allegato in sede di decreto ingiuntivo) aveva comunque correttamente ritenuto che tale fatto non era idoneo a provare la sua pretesa, in quanto non era chiaro se quegli esborsi fossero stati effettuati con soldi personali dell’amministratore, anziché con quelli del condominio in mancanza di una contabilità che distinguesse i fondi dell’uno da quelli dell’altro.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.