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Il piano Ue per la transizione verde prevede l’obiettivo Emissioni Zero entro il 2050. Per la data fatidica, il Green Deal europeo prevede che gli Stati membri raggiungano la neutralità climatica. Nel frattempo i Paesi europei stanno percorrendo la via della transizione energetica per ottemperare alla normativa europea sul clima. La prima tappa dovrebbe essere raggiunta nel 2030, quando l’obiettivo climatico sarà un obbligo giuridico, con emissioni del 55%. Sarà un giro di boa che mostrerà i frutti del percorso intrapreso.
E in Italia? Il nostro Paese è complesso dal punto di vista geografico e climatico. A seconda delle fasce e dei territori, le Regioni stanno disciplinando l’utilizzo del camino a legna o della stufa a pellet. Ma quanto inquinano questi impianti, dai più tradizionali ai più moderni?
Quali sono i camini a norma?
Prima di analizzare i livelli di inquinamento delle stufe e dei camini, vale la pena ricordare che dal 1 ottobre 2020 in Italia è consentito installare soltanto apparecchi superiori o uguali alla classificazione “4 stelle”.
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Intanto, le singole Regioni si sono dotate di strumenti normativi specifici in base alle fasce climatiche e ai territori per stabilire quando è vietato accendere il camino.
Ad esempio, la Lombardia, che è tra le regioni più inquinate in Europa, impone sanzioni da 500 a 5mila euro per l’utilizzo di stufe e camini tradizionali o di classe energetica più inquinante. Nella provincia di Brescia, e nei comuni di altezza sotto i 300 metri, l’uso di stufe a pellet e a legna sarà consentito fino al 15 ottobre 2024 e sono ammessi solo impianti sotto i 10 Kw di potenza. Su tutto il territorio lombardo al momento sono ammessi soltanto i modelli più recenti di stufe o camini a legna o biomasse di categoria 4 o 5 stelle.
In Emilia Romagna le restrizioni vigono in zone sotto i 300 metri di altitudine. Anche in Piemonte sono escluse le aree montane.
Comunque sia, il cammino della transizione ecologica è un percorso lungo, e lascia spazio a margini di deroghe e divieti che saranno pian piano modificati, fino al raggiungimento del traguardo europeo. Una transizione morbida, anche perché non è facile sostituire subito i camini o gli impianti in casa.
Quanto inquina un camino a legna
La Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) ha calcolato che i camini aperti in Italia emettono quasi 4mila tonnellate di PM10 all’anno. Più inquinanti sono quelli tradizionali, mentre i camini chiusi e di categoria elevata (4 o 5 stelle), rilascerebbero 2.401 tonnellate di PM10 in un anno, quasi la metà delle stufe a legna tradizionali e aperte.
In un anno, un camino a legna immette nell’atmosfera una quantità di PM10 pari a:
- 860 grammi in caso di caminetto aperto tradizionale;
- 480 grammi se è una stufa a legna;
- 380 grammi se si tratta di un camino chiuso e di classificazione superiore.
Inquina di più il camino a legna o la stufa a pellet?
Indubbiamente il pellet inquina meno del camino a legna, tanto è vero che questo combustibile a biomasse è stato incentivato sul mercato con un’Iva ribassata al 10% (invece del 22% del precedente regime). Ma i camini a legna a norma, con impianti moderni ed evoluti, hanno abbattuto le emissioni inquinanti del 90% rispetto ai caminetti tradizionali.
I calcoli della SIMA in ogni caso non lasciano spazio a dubbi:
- Un camino aperto tradizionale rilascia in atmosfera 860 grammi di PM10 in un anno;
- Una stufa a pellet ne rilascia 76 grammi.
Ma attenzione, la provenienza del pellet deve essere certificata e garantita. L’esperto del SIMA, Alessandro Miani, mette in guardia dai rischi che comporta il mercato del pellet. “Se proprio non si può rinunciare al camino – è il suggerimento di Miani – è meglio sceglierne uno chiuso e utilizzare legna di buona qualità, possibilmente secca”. Questo perché in Europa si stanno sacrificando foreste vergini e alberi centenari per la produzione di biomassa.
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